Rosanna Virgili, biblista
- Ascoltare per dare tempo, dare parola, dare presenza.
Se tanti sono i rumori, i suoni, le parole che, ogni giorno, escono, come un fiume in piena, dalle nostre strade ma anche dalle nostretelevisioni, dai nostri telefonini e dai tanti social e piattaforme onlinecui siamo connessi – per riversarsi sui nostri orecchi e sui nostricervelli, con essi vediamo, però, crescere il nostro bisogno di essereascoltati, di trovare uno spazio che ci consenta di essere interpretipiuttosto che “consumatori” di messaggi trasmessi dagli altri.
Assistiamo allo strano fenomeno per cui più si moltiplicano i mezzi di comunicazione e le ore in cui siamo “collegati”, più cresce un disagio interiore, un vuoto, una notte di assenza nel cuore e nell’anima. Più connessi e più soli; più oberati da voci, più confusi mentalmente; più intrattenuti dai talk show e più incapaci di dire la nostra. Rischiamo di riempire la testa delle vanità che vi versano gli influencerdi finire come “vuoti a perdere” mentali.
Questo ruolo di spettatori senza interazione può attecchire anche nella Chiesa, nella qualità della nostra vita di cristiani, nelle attività delle nostre parrocchie, nelle relazioni tra noi. Per questo è urgente che prendiamo ad ascoltare e ad ascoltarci per dar forma e conoscenza alle nostre diversità ma anche ai carismi dello Spirito che non sempre sono espressi e riconosciuti per essere messi a frutto.
La nostra riflessione sarà in dialogo con la Scrittura, che èuna autentica scuola di ascolto reciproco – tra l’umano e il Divino – ma anche con la realtà attuale della Chiesa allo scopo di fare discernimento, di individuare metodi e procedure per praticare l’ascolto allo scopo di dare tempo, parola e presenza all’altro/a,quindi alla storia in cui oggi viviamo e a quell’“Altro”, che è il Signore,e che in essa oggi ci parla.
- «Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo»
Papa Francesco ha definito la sua ultima Enciclica Fratelli Tutti: “una riflessione dialogata”. Sul tema della fraternità Egli ha, infatti, elaborato un pensiero che è frutto di un continuo confronto, di un concreto dialogo, con la santità francescana, con i poveri delle periferie sociali e politiche, con gli esponenti delle altre religioni (specialmente quella musulmana), con i grandi testimoni delle altre confessioni cristiane, con il pensiero laico. Non è possibile costruire il sogno della fraternità – infatti – se non tutti insieme. Questo è il grande fine del dialogo: per la salute e la salvezza del mondo occorre l’apporto e la collaborazione di tutti.
Così è per la Chiesa: il suo futuro dipende dalla volontà e capacità di esercitare il dialogo tra le sue varie componenti: i chierici e i laici, i religiosi/le religiose e le famiglie, gli uomini e le donne, i vecchi e i giovani, l’Occidente e l’Oriente, il Sud e il Nord della terra. È urgente un mutamento di stile: non più la parola solo a qualcuno che detti cosa fare e tutti gli altri ad eseguire, ma una “mensa” di parola in dialogo, un sinodo (= un cammino comune) di ascolto reciproco, di testimonianza donata, di fede condivisa, di sapienza ottenuta nei diversi campi della vita, di speranza elevata nell’Amore.
«Tutti coloro che venivano alla fede erano un cuore solo e un’anima sola» recita il libro degli Atti a proposito della Comunità cristiana delle origini (cf At4,32); perché si possa ancor oggi incarnare questo ideale di carità politica occorre dialogare e lasciarsi sconvolgere dal dialogo, farsi attori di nuove vie, di parole e gesti di profezia, di nuove primavere per la nostra vita, per la Chiesa e per il mondo.
File audio: