«È giunto il momento di rifiutare l’assistenzialismo e cercare la solidarietà», solidarietà a partire dalla famiglia, creando reti tra famiglie. Solidarietà la parola chiave della riflessione del Vescovo di Nuoro nell’omelia per la solenne celebrazione in onore di Cristo Redentore questa mattina al Monte Ortobene.
“La vita dell’uomo consiste nella gloria di Dio, la gloria di Dio è l’uomo vivente” – diceva Sant’Ireneo. «Se siamo qui – ha dettto Il Vescovo – ci sentiamo vivi, godiamo la visione di Dio, siamo la sua gloria. Siamo davvero così o stiamo ingannando noi stessi? Siamo davvero la gloria di Dio? Siamo davvero viventi?». Da qui il Vescovo ha posto una serie di interrogativi circa la condizione attuale delle famiglie. «La famiglia e la coppia sono il primo spazio di impegno sociale, eppure la famiglia viene descritta come minacciata e sotto assedio. Dici ai tuoi figli che bisogna avere fiducia, vivi e imposti la vita nei valori che il Vangelo indica, eppure i figli nella scuola sono spesso educati all’assenza di Dio. Cristiano dove sei? – ha domandato.
Hai chiaro il valore della vita ma assisti impotente a una sanità in cui molti si prodigano a uccidere la vita nascente o praticano l’eutanasia: è questa la vita?
Vivi il mondo che indica il denaro come risolutore di ogni problema, anche se devasta le relazioni. È questa la gloria di Dio?
Ti sforzi di vivere nell’impegno e nell’onestà e sei circondato da persone che calpestano i diritti e fabbricano ingiustizie: è questa la redenzione che celebriamo?»
Che fare? – si è chiesto allora il Vescovo. «Chiudersi? Scendere a compromessi? Vivere servilismo o assistenzialismo?»
È triste – ha constatato – vedere saracinesche abbassate e imprese chiuse, lavoro sempre più fragile e precario, imprese familiari che non ci sono più. «L’unico ammortizzatore sociale è ancora la famiglia – ha ribadito – ma lastiamo distruggendo. Abbiamo idolatrato il capitale e ora ci domina e schiaccia, guardiamo gli esempi di Alcoa, Keller, Conad qui a Nuoro, o il Polo tessile di Ottana. Questo mondo non ha futuro, non c’è dignità senza lavoro» – ha affermato richiamando le parole di Papa Francesco a Cagliari.
«È giunto il momento di rifiutare assistenzialismo e cercare la solidarietà. Creare reti tra famiglie, servire il pubblico e non servirsi del pubblico».
Cristo stesso ha voluto aver bisogno di una famiglia, di un Cireneo, di un Giuseppe D’Arimatea che lo ospitasse nel suo sepolcro: «è tempo di solidarietà. Abbiamo la fortuna – ha proseguito – di avere fede nel Cristo vero e unico buon samaritano, capace di una nuova creazione, già da oggi. Come? Iniziamo a dir bene degli altri, lasciamo fuori l’invidia – i “peccati parrocchiali”, come li ha chiamati il Papa pochi giorni fa -, gelosie, antipatie, chiacchiere… peccati anche comunali, provinciali, presbiterali – ha aggiunto il Vescovo: sono i nostri peccati».
«Nessuno venga lasciato solo a soffrire – ha concluso il Vescovo -, il nostro amare sia gratuito anche se sembra inutile. Non pensiamo che il bene dell’altro sia legato alla nostra posizione o al nostro carrierismo, perdoniamoci sempre, preghiamo insieme da figli dello stesso Padre, le capacità siano titoli per servire. La gioia riempia il nostro cuore, nessuno venga escluso dalla gioia che il Redentore ci porta».
Infine la supplica: «Dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi».
All’alba, intanto, si era ripetuto il pellegrinaggio a piedi dalla Cattedrale al Monte Ortobene, guidato da don Alessandro Fadda e compiuto da centinaia di fedeli. Lungo i sette chilometri che dalla città portano ai piedi del Redentore si è celebrata la Via Crucis e meditato il Rosario. All’arrivo la Messa celebrata nell’antico altare di pietra dominato dalla statua del Cristo, presieduta da padre Luca D’Achille che nei giorni precedenti aveva predicato la Novena nella chiesetta della Madonna del Monte.
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(29 agosto 2014)