Nella città che voltò le spalle al mare
di Matteo Marteddu
È la città della costa che ha voltato le spalle al mare. Quasi storicamente in fuga. Nel centro storico di Siniscola, attorno alla chiesa di San Giovanni Battista, stradine strette, allungate in perpendicolare come per inseguire la valle. Mare ostile. Son le vie che monsignor Mosè Marcìa percorrerà dal 17 settembre, nella visita pastorale, lontano da frastuoni della costa, anche di quella più vicina. Sarà un bagno di religiosità e storia, tra i vecchi vicinati di Itichinzus, Sas Grassias, Ustana, Su Rosariu, Sant’Antoni.
Città costiera, punta dritta, scavalcando monte Pizzinnu, sulla valle di Marreri, lasciando alle “frazioni”, multietniche, l’onere di reggere le invasioni estivo-turistiche. C’era anche una cinta muraria che la proteggeva dalle insidie del mare. È «Questo paese, come gli altri del litorale, era sempre infestato dagli infedeli, i quali quasi tutti gli anni tentavano qualche sbarco… Accadeva spesso di notte. Complice qualche rinnegato. Dovettero preservarsi e costrussero una cinta» (Angius/Casalis).
Non fu sufficiente a riprendere confidenza con quei vasti e produttivi territori verso la costa. «Nel 1514 la terra di Siniscola sentì prima delle altre della Baronia il furore degli infedeli, vi fu ucciso un gran numero di persone, saccheggiate le case, presi molti alla servitù e fecero altrettanto nella villa di Torpè». (Angius/ Casalis). È impressa nella storia dei siniscolesi quell’incursione dei Mori nella notte di Ognissanti di cinque secoli fa: sedici uomini ammazzati, cento persone fatte prigioniere tradotte, chissà dove, in schiavitù. Non si fidarono certo delle due torri che costruirono gli aragonesi a Santa Lucia e a San Giovanni. Si spinsero all’interno e lì cercarono nuove strade e nuovi orizzonti. Allontanandosi dal mare si portarono dietro anche la chiesa parrocchiale. Era cadente ed esposta alla furia dei “nemici venuti dal mare” Santa Anastasia, fuori Porta Turrita o Porta Untana. Tenuta come cimitero, così finì. Ebbe inizio l’avventura della nuova chiesa di San Giovanni Battista, al centro del paese. Svetta il campanile sui tetti delle case e dei ruderi vicini, architetture povere. Ma scavalchi il portone ligneo e c’è la banca, vetrate moderne, fuori contesto. Sacro e profano, non confliggono.
Grande festa e grandi folle, con parate di autorità varie, per la consacrazione il 4 maggio 1869. Il vecchio borgo di Siniscola sembrava aver definitivamente abbandonato il mare. Sino a radicare la zona industriale a Murtas Artas e Pulichittu, o graffiare e scavare le falde del Montalbo per produrre cemento su vasta scala. A inseguire la vallata, il suo fervore operoso, dalle vigne di Isalle, pronte alla raccolta, giù verso le punte Urros, Listincu e Grisizone, sino a Santu Jacu, alle cave di Concas e a Sa prejone ’e s’orcu. Si spalanca la zona industriale di interesse regionale, linea di confine tra grandi ambizioni e speranze e profonde e devastanti delusioni.
Antonio Murru, mezza età, studi classici al liceo di Nuoro, pare fosse uno dei migliori allievi di Lucia Pinna, storica docente di Italiano all’Asproni, laurea in leggi, manager nel Cementificio Buzzi-Unicem: «Non siamo Orosei o San Teodoro, qui abbiamo inseguito il mito industriale, non il turismo. Paghiamo oggi pesanti conseguenze. Sarà che i nostri territori, da Capo Comino a Berchida, sono gravati di usi civici, ma tutti i tentativi di sviluppo sono andati in fumo». Non ha peli sulla lingua il dottor Murru, neanche nel richiamare le responsabilità della classe dirigente siniscolese, di cui per anni ha peraltro fatto parte, come consigliere comunale e segretario di un grande partito. «Persino le vacche di Berchida, protagoniste nelle belle foto di riviste patinate, hanno impedito un progetto di turismo ecocompatibile, con tragica ironia. Il resto della costa ha fatto passi da gigante, noi abbiamo gli stessi posti letto di 50 anni fa». E l’industria, calata sempre dall’alto, ad inseguire la superstrada verso Nuoro, alle prime curve ha deragliato. «Rimangono i nomi sulle lapidi», dice Antonio Murru, «dalla Solis, alla Rosmary, alla Marfili, alla Sils e tante medio piccole. C’è qualche coraggioso che resiste come Sarflex e la cementeria che lavora al 50 per cento». A nessuno sfugge la violazione brutale della montagna per estrarre calcare e cemento. Monte e cave, rapporto non compatibile dal punto di vista ambientale, che si guardi da punta Cupetti o dalla piana di Santu Jacu. «No», si accalora Murru: «Con impegno di tanti è stato recuperato quel rapporto. L’estrazione è quantitativamente compatibile e sono da tempo iniziate radicali operazione di recupero».
Prendiamolo in parola, però i giovani vanno via e si vive un paradosso da primato su cui sicuramente rifletterà monsignor Marcìa nella sua visita alla comunità ecclesiale che si fa comunità civile. Siniscola offre i suoi ragazzi e ragazzi alla stagionalità dei paesi vicini, «invece di trainare è trainato». Qui non c’è posto, pur avendo 22 chilometri di costa. Dopo questa valanga di sensazioni depressive? «I giovani non vadano via», afferma deciso Antonio Murru che pure le due figlie le ha a lavorare a Milano: «Non scappino, si fermino e costruiscano qui il futuro». E ad osservare la forza esplosiva di leve e comitati e priorati che animano feste di culto, tutto fa pensare a grandi potenzialità. Da Santu Jacu, San Giacomo, a Santu Pretu de Luittu, a Sant’Elène, sino alla recente ricostruzione del tempietto della Madonna della Salute.
Accanto ad una sorgente, ritenuta nella cultura popolare, dai poteri sacri e terapeutici, si riuniscono in tanti, nel luogo più impervio alle falde del Montalbo, sotto punta Ramasinu. E grande fermento e partecipazione attorno all’associazionismo parrocchiale. Franca Nieddu, insegnante, due figli, abita in zona Duai, la chiamano di espansione, verso il mare. Le si legge negli occhi la fiducia partecipativa per la vita della parrocchia: «Ho ricevuto una scossa, dopo l’incontro a Roma in udienza con Giovanni Paolo II». Coordina le catechiste, Corsillios de Cristianidad, Confraternita del Rosario. Dal 1600 a Siniscola si pratica il culto mariano, ereditato dalla tradizione Domenicana. «Ci prendiamo cura della chiesa del Rosario, garantiamo la presenza nel pio esercizio del seppellimento dei morti». Non lesina i particolari la signora Franca, visibilmente partecipe su una «presenza itinerante, ci manifestiamo all’esterno. Incolonnati in fila col cordone, accompagniamo processionalmente il defunto. Vogliamo essere visibili, anche per chi sta lontano dalla nostra fede»: confraternita solida, 72 donne, 29 uomini, con regole rigide, anche nella elezione tourn over del priore e prioressa. Radici nella sinistra politica, lei e il marito, trasmettono e coltivano fede e rigore.
«Non perderemo l’occasione della presenza del vescovo», dice il parroco don Salvatore Orunesu, arrivato da Nuoro, parrocchia San Giovanni Battista, almeno non ha dovuto cambiare Santo. «Ho messo un po’ di tempo – dice – ad adattarmi alla mitezza di questo clima, rispetto agli sbalzi estate- inverno di Preda Istrada e Sa ’e Sulis. Per una settimana monsignor Marcìa vivrà con noi, e con noi sentirà dolori e angosce, gioie e speranze. Ascolterà credenti e lontani, apprezzerà le sensibilità per i valori della profonda fede dei tanti gruppi ecclesiali, si interrogherà con noi sulla piatta aridità degli indifferenti». Sicuramente la visita pastorale contribuirà a ridisegnare piccoli spiragli di speranza valorizzando l’esistente, a partire dal Centro giovanile parrocchiale, formidabile struttura di aggregazione, all’asilo, alla Casa di riposo. E poi per quel tessuto diffuso, nella seconda città della provincia, di resistenti come dice Franco Calzedda, giovane docente di Economia finanziaria e professionista. Portavoce di quei «piccoli imprenditori, resistenti, si sentono missionari, strozzati da burocrazie e fisco ma si aggrappano ancora a una speranza».
Quella speranza che aveva Giovanni Lilliu, fresco di studi archeologici, in giro da queste parti nel 1939 e, sulle pagine del settimanale diocesano L’Ortobene, nel giugno di quell’anno, gli faceva dire: «Siniscola, paesaggio vario, impressioni di colori e visioni, mare, acquitrini, colli ondulati, monti e guglie, a volte triste, a volte ridente, pittoresco e pauroso, avvolto nel mistero del passato lontanissimo, avente un presente di non ancora ben evoluta civiltà e con germi endemici di una possibile elevazione sociale ed economica futura».
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Il programma
- Domenica 17 settembre
Ore 10.00: Rito di apertura della Visita pastorale e Celebrazione Eucaristica con le famiglie per gli anniversari di matrimonio
Ore 15.30: Visita al Cimitero, senza Messa, con preghiera presso le tombe di persone consacrate (sacerdoti, religiosi e religiose)
Ore 17.00 – 18.30: Colloqui con i singoli sacerdoti Ore 18.30: Santa Messa e omelia
Ore 19.30: Incontro col Consiglio pastorale e il Consiglio degli Affari Economici nel saloncino parrocchiale - Lunedì 18 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa e breve meditazione
Ore 8.00: Colloqui personali del Vescovo con sacerdoti e fedeli
Ore 9.00 – 12.30: Visita agli ammalati, alle famiglie e al Centro Dialisi
Ore 15.30: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 17.00: Incontro con i volontari della Caritas e le Vincenziane
Ore 18.30: Vespri, Santa Messa e omelia
Ore 19.30: Incontro con le associazioni laiche (Auser, Avis, Croce Rossa, Università Terza Età, Siniscola ’90, Rotary, Società sportive, Associazioni culturali e teatrali, Cori polifonici) nel saloncino - Martedì 19 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa e breve meditazione
Ore 8.00: Colloqui personali con il Vescovo Ore 8.30: Visita alla Casa di Riposo
Ore 9.30 – 13.30: Visita alle scuole
Ore 15.30 – 18.30: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 18.30: Vespri, Santa Messa e omelia Ore 19.30: Incontro con le catechiste, i lettori, i ministri straordinari della Comunione e gli educatori dei gruppi ecclesiali (Acr, capi Scout, Meg, Gruppo missionario e i responsabili dell’Oratorio- Centro Giovanile) - Mercoledì 20 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa e breve meditazione
Ore 8.00: Colloqui personali con il Vescovo
Ore 9.00 – 12.30: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 15.30: Visite agli ammalati e alle famiglie Ore 18.30: Vespri, Santa Messa e omelia
Ore 19.30: Incontro con le associazioni i gruppi e i movimenti ecclesiali (Ac, Cursillos, Comunità Neocatecumenali, RnS, Adi, Corale parrocchiale “San Giovanni Battista”, Adp, Ove, Gruppo Piccolo Re) nella chiesa parrocchiale - Giovedì 21 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa e breve meditazione
Ore 16.00: Incontro con i bambini e ragazzi del catechismo e delle associazioni (Acr, Agesci, Meg, Gruppo Missionario, Ministranti)
Ore 17.00 – 18.30: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 18.30: Vespri, Santa Messa e omelia
Ore 19.30: Incontro con il mondo del lavoro nella chiesa di San Giuseppe - Venerdì 22 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa nella chiesa del Rosario e breve meditazione
Ore 8.00: Colloqui personali con il Vescovo
Ore 9.00 – 12.00: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 12.00: Visita in Municipio e incontro con la Giunta, il Consiglio Comunale e le forze dell’ordine
Ore 15.00 – 18.30: Adorazione Eucaristica e Confessioni
Ore 15.30 – 18.30: Visite agli ammalati e alle famiglie
Ore 18.30: Santa Messa, inizio novena in onore di N. S. del Rosario e omelia
Ore 19.30: Incontro con la Confraternita del Rosario, i comitati, le leve e i priorati delle feste dei santi nella chiesa parrocchiale
Ore 21.00: Incontro con i giovani nel saloncino parrocchiale - Sabato 23 settembre
Ore 7.00: Lodi, Santa Messa e breve meditazione
Ore 15.30 – 18.30: Visite agli ammalati
Ore 19.30: Santa Messa di saluto e ringraziamento per la conclusione della Visita pastorale