“Mentre la bestia si abbeverava al fiumicello, egli si guardò attorno pensando che là forse avrebbe fatto tappa con la sposa e col corteggio dei parenti quando, dopo le nozze, avrebbe condotto Columba a Tibi.
Il luogo era adatto alla sosta; poco distante sorgeva la chiesetta ove tanti anni prima eran state celebrate le paci, e qua e là nella grandiosa desolazione dell’altipiano qualche quercia circondata di querciuoli come una madre possente dà figli già grandi e forti, gettava la sua ombra sul fieno fresco e sulle macchie di ginestra coperte di granellini d’oro.”
Grazia Deledda, Colombi e sparvieri (1901), Ilisso, 2011 – pag 88
Come arrivare
In autobus
La linea ARST 511 Nuoro-Buddusò, la linea 711 Olbia-Ozieri e la linea 749 San Teodoro-Bultei effettuano delle fermate a Bitti
In auto
Da Cagliari, Sassari, Olbia e Oristano è possibile arrivare al bivio di Lula sulla 131 D.C.N., dopodiché seguire le indicazioni e girare a sinistra sulla Strada Provinciale 27 e percorrerla fino a Bitti.
Bitti è un comune della provincia di Nuoro, situato nella subregione storica della Barbagia. Dista 38 km dal capoluogo provinciale, in una valle circondata dai colli di Sant’Elia, di monte Bannitu e di Buon Cammino. Confina con la provincia di Sassari. L’abitato di Bitti è disposto ad anfiteatro, sviluppatosi intorno a un nucleo storico al cui centro è la chiesa di San Giorgio. Le costruzioni sono in pietra, tipiche dell’architettura sarda. Il nome Bitti deriva dal sardo “sa bitta”, che significa “cerbiatta”. Secondo una leggenda, una cerbiatta venne uccisa da un cacciatore mentre si abbeverava in una fonte, l’attuale fontana de Su Cantaru. Le origini di Bitti risalgono alla preistoria. Il primo nucleo urbano si costituì però solo in epoca romana. Viene citato nel 1170 circa con il nome di Bitthe.
Il comune di Bitti, ospita una gran parte del territorio del Parco naturale regionale di Tepilora, Sant’Anna e Rio Posada. Il parco, istituito nel 2003, si estende su un’area di circa 8.000 ettari e comprende una varietà di ambienti naturali, tra cui foreste, montagne, stagni e coste.
Cenni storici
Bitti è un luogo di storia e cultura che affonda le sue radici nell’epoca prenuragica.
Le prime testimonianze di insediamenti umani nel territorio di Bitti risalgono al Neolitico (4.500-3.500 a.C.), come testimoniano i numerosi siti archeologici presenti nella zona circostante, primo su tutti il complesso di Romanzesu che si trova in località Poddi Arvu (il pioppo bianco) immerso in una foresta di sughere a 13 chilometri dal paese. Le prime notizie risalgono al 1919, quando l’archeologo Antonio Taramelli, durante dei lavori di ricerca dell’acqua, scoprì il pozzo sacro. Si tratta di un villaggio nuragico esteso per oltre sette ettari risalente all’età del bronzo, vicino alla sorgente del fiume Tirso, e che comprende il pozzo sacro, un centinaio di capanne, due templi a mégaron, un tempio rettangolare, un anfiteatro ellittico a gradoni, e una grande struttura labirintica. Il toponimo Romanzesu deriva dalla presenza di testimonianze di epoca romana risalenti al II – III secolo d.C.
In epoca nuragica (1.800-238 a.C.), il paese fu abitato dai Balari, un popolo sardo preromano.
Le prime testimonianze documentate di insediamenti stabili nel territorio di Bitti risalgono al periodo romano, quando la regione era parte dell’Impero Romano. In epoca medievale, Bitti fu capoluogo della curatoria della Barbagia di Bitti, uno dei quattro regni in cui era divisa la Sardegna.
Nel corso dei secoli, Bitti ha mantenuto la sua identità culturale e linguistica, che si riflette nelle tradizioni, nei costumi e nell’architettura del paese. Bitti è oggi un importante centro culturale e turistico, che offre ai visitatori un’esperienza unica e autentica.
Nel Medioevo, Bitti fu coinvolta nelle lotte tra le varie signorie che si spartivano la Sardegna. Fu capoluogo della curatoria della Barbagia di Bitti, appartenente al giudicato di Gallura, e successivamente passò sotto il dominio del giudicato di Arborea. Dopo la caduta dei giudicati sardi (1410), Bitti fu conquistata dagli Aragonesi.
Durante il periodo della dominazione spagnola, Bitti visse un periodo di relativa tranquillità e prosperità. Nel 1617, il paese fu incorporato nel marchesato di Orani, feudo dei De Silva. Con l’abolizione del feudalesimo nel 1839, Bitti divenne un comune autonomo.
Dopo l’Unità d’Italia nel 1861, Bitti fu interessata dai processi di modernizzazione e sviluppo che coinvolsero l’intera nazione. Tuttavia, la comunità mantenne salde le proprie tradizioni culturali e la propria identità, conservando le caratteristiche distintive dell’architettura e delle attività economiche tradizionali, come l’allevamento e l’agricoltura. Testimoniano questa cura sia il Museo della Civiltà Pastorale e Contadina che il Museo Multimediale del Canto a Tenore, dal 2008 iscritto sulla Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Nel 1881, il comune di Bitti si allargò assimilando il vicino comune di Gorofai dove oggi sorge la Chiesa della Madonna del Miracolo.
Inoltre, nelle vicinanze è possibile visitare l’antico villaggio di Dure, abbandonato a seguito delle guerre e della peste del XIV secolo, si trova a circa un chilometro dal centro di Bitti. Per raggiungerlo, si deve seguire via del Cimitero fino all’ingresso del cimitero di Bitti. Da qui, si prosegue per circa un chilometro lungo la prosecuzione di via del Cimitero, fiancheggiando la fiancata sinistra del cimitero. C’è una leggenda che descrive Dure e i suoi abitanti. Si racconta che la Madonna (Nostra Sennora), povera e scalza, bussò alle porte dei Duresi, chiedendo lievito per preparare il pane. Ma tutte le porte furono richiuse in malo modo, e la Madonna se ne andò via sconsolata.
Allora Dio punì il villaggio e abbandonò gli abitanti al loro triste destino. Per questo, lentamente, Dure fu abbandonato.
Nel villaggio si trovano cinque chiese, tutt’ora in uso. La chiesa di Su Babbu Mannu ‘e Dure, ossia dello Spirito Santo o della Santissima Trinità, la chiesa di Santa Maria ‘e Dure, la chiesa di Santu Jurgeddu ‘e Dure ossia di San Giorgio di Suelli Vescovo, la chiesa di Sant’Istevene ‘e Dure ossia di Santo Stefano Primo Martire e, infine, la chiesa di Santa Luchia ‘e Dure ossia di Santa Lucia Vergine e Martire.
Sempre in zona è possibile visitare il Bittirex, Questo evento culturale fornisce intrattenimento a contenuti scientifici garantiti da paleontologi e professionisti del settore sui dominatori dell’Era Mesozoica.
Il parco è un progetto didattico pensato per le Scuole di ogni ordine e grado.
Tra le attività proposte ci sono visite guidate, percorsi tematici e laboratori, offrendo un’esperienza di svago e apprendimento.
L’istituto di Mamone è una delle 4 ex colonie penali rimaste sul territorio nazionale, di cui 3 situate sull’isola. Fin dalla sua costruzione alla fine del 1800, la colonia penale ha avuto come obiettivo principale offrire ai detenuti opportunità lavorative nel settore dell’allevamento del bestiame e nella conduzione dell’azienda agricola.
Dove mangiare e dove dormire
La cucina di Bitti è semplice e genuina, basata sui piatti tipici della tradizione sarda.
Per il pernottamento, poi, ci sono diverse possibilità tra cui hotel, bed and breakfast e agriturismi. Le strutture sono distribuite in tutto il paese, sia nel centro storico che nelle zone rurali. Per informazioni su dove mangiare e dormire a Bitti, è possibile consultare il sito web del Comune.
Itinerari suggeriti