Da oggi entriamo nella grande Settimana santa e vivremo, momento per momento, gli ultimi giorni e istanti della vita terrena di Gesù.
La liturgia, madre e maestra, condensa nella celebrazione odierna tutti i sentimenti di Gesù- dei capi-dei discepoli-della folla che rivedremo ancora in questi sette giorni: dall’acclamazione gioiosa al tradimento; dal rifiuto al gesto affettuoso e profetico dell’unzione del corpo di Gesù. Dall’accoglienza nella propria casa per un banchetto, all’Ultima Cena tra amici, alla consegna del proprio corpo e del proprio Spirito. Da una morte infamante alla Risurrezione gloriosa. Dalla corona di spine di un re beffeggiato, alla promessa certa di un Regno eterno.
Con la benedizione dei rami di palma e di ulivo ha inizio la solenne celebrazione che poi assumerà toni più dimessi e drammatici con la proclamazione del Vangelo della Passione: gloria e rifiuto, trionfo e scherno, accoglienza e tradimento.
Il cammino quaresimale – ci auguriamo – ci ha resi come quel puledro di cui il Signore ha bisogno per avviarsi verso il compimento del suo amore per l’uomo. Accompagniamolo fino alla Croce ed anche al sepolcro, insieme a quei pochi intimi e fedeli amici che non lo hanno lasciato morire solo. Un giumento era stato il suo primo “trono” quando, ancora nel grembo della madre, faceva il suo ingresso nella città di Davide e nei registri della storia. Un giumento oggi lo porta trionfante nella città santa, la città dove Dio dimora, ma anche la città che lo rifiuterà e ne chiederà – superba – la morte.
“Osanna… Benedetto!” grida oggi la folla al suo passaggio, e perfino le pietre sotto il calpestio di un puledro, orgoglioso di essere per un giorno la cavalcatura del Dio-Re.
“Crocifiggilo!” griderà tra pochi giorni la stessa folla, aizzata dall’invidia di farisei e capi religiosi che si dimostreranno mercenari e usurpatori del gregge di Dio, pronti addirittura a sacrificare l’Agnello innocente. Il Vangelo della Passione ci mostra tutta l’umanità di Gesù, di Pietro e degli altri discepoli. Pietro che, nell’Ultima Cena, giura di voler essere a fianco di Gesù anche fino alla morte, si ritrova poi a seguire da lontano il suo Maestro legato e portato via e a negare pavidamente di averlo mai conosciuto dinanzi alla provocazione di qualche innocuo estraneo. È bello però quello che Gesù fa per lui: si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro… uscito fuori, pianse amaramente.
«Il Signore lo guardò… non con la vista propria degli occhi di carne, ma con suprema misericordia… lo guardò e quello fu reso libero… Ed ecco, purificato dalle proprie lacrime, afferrato e salvato, Pietro evangelizza. Porta l’annunzio colui che aveva rinnegato: credono coloro che si erano smarriti» (Sant’Agostino, Disc. 284).
Il Signore guarda ciascuno di noi con quegli stessi occhi pieni di amore e, sulla Croce, spalanca le braccia perché vuole raccoglierci tutti a sé, in una stretta che è Passione d’amore e di benevolenza.
Monache Agostiniane di Urbino
© riproduzione riservata