Una chiesa nata dal basso come esigenza di popolo
di Matteo Marteddu
Parte da qui, dal sagrato di San Paolo, il pellegrinaggio per il santuario di Gonare, e non è un caso. Quando don Salvatorangelo Chessa l’ha pensato, aveva davanti la cima di Gonario di Torres. Ogni anno si rinnova. Si guardano e si osservano, Paolo di Tarso, rude e austero nella sua forza giovanile, dolci e benevoli gli occhi di Maria, lassù. Da qui, una mattina di marzo, in gruppo, con la Croce del pellegrino a far da guida. Strade deserte, nel silenzio della quasi alba, Badu ’e Carros, Predas Arbas, Internuraghes, Badu Orane, Spirito Santo: tappe di vita oltre che di fatica. La cima, Soverana Pastora e questa collina, dentro la città, un filo le unisce, di fede e di radici antiche. E la fatica del salire, pietre di calcare e granito, erose dal tempo e dai pellegrini, per Gonare, anziani, donne e uomini, sotto il peso delle loro stagioni, dagli agglomerati di via Costituzione, verso la loro parrocchia, quassù nella cima di Biscollai. E ne vedrà tanti Monsignor Marcìa, dal due aprile, quando scollinerà per la sua visita pastorale.
Il quartiere fa come da cerniera tra gli incroci del Quadrivio e le grandi zone di espansione. Negli anni ’70, alla ricerca affannosa di spazi vitali, quando anche Nugoro nobu e Istiritta andavano esaurendosi, era troppo attraente la collina delle vigne e degli orti a ridosso dei terreni Gallisai. Zona ricca d’acqua, pascoli e il pastore senza tempo, lo storico “Bonanotte”. Partono frazionamenti e lottizzazioni, apre la fabbrica dei cantieri delle case Gescal e popolari. Storia riscritta dunque, copia e incolla delle periferie delle grandi città dell’est europeo. Ma sono le famiglie degli immigrati che hanno fame di casa, arrivano e pongono la domanda, urgente e drammatica, il pubblico offre le risposte che può, le case si addossano l’una all’altra e accolgono nuclei familiari contigui. Provengono dal centro antico che andava spogliandosi, senza disegno, o se c’era, apparteneva alla élite decidente.
Difficile cercare armonie in quello sviluppo di Monte Gurtei, storcono il naso e sono impietosi i cultori della qualità della progettazione urbana. «I quartieri intermedi, quelli sviluppatisi negli anni ’60 e ’70, a Nuoro, sono anonimi e impersonali, almeno quanto quelli di qualunque città italiana: regno incontrastato della “palazzina” ripetuta indefinitivamente, con scarse qualità architettoniche, con nessuna qualità urbanistica. Senza verde, né pubblico né privato, viabilità inadeguata al traffico, scarsi spazi di incontro, privi di piazze, di servizi, di emergenze, non hanno né il respiro né la cultura di un intervento urbanistico; case affiancate, a causa del loro numero elevato e della continuità di immagine, vengono definite città ». (Sergio Russo, Nuoro, perché, 1985). Naturalmente non mancavano gli angosciosi richiami alla ridefinizione totale dello sviluppo, strenua difesa dell’antico: «La città storica si esprime in un sistema non chiuso di sensazioni ed evocazioni fisiche e letterarie, storiche e sonore, lungamente stratificate nel tempo e nelle strade».
«Lo scollamento della città moderna dalle fasi storiche più antiche ci offre oggi brani di città dal sapore incoerente, difficilmente riconoscibili nei contorni progettuali e sicuramente rappresentativi di modalità di intervento che poco hanno curato le interfacce tra nuovo e antico». «Nuoro è una città per frammenti, risultato di una stratificazione urbanistica progressiva, la frattura tra le parti di città: centro storico, città amministrativa, quartieri residenziali, luoghi che si relazionano con grandi difficoltà, generando disagi funzionali e sociali». (Antonella Falzetti, Riscoprire la città. Nuovi paesaggi per lo spazio urbano, 2004).
Osservando da una rotonda all’all’altra di viale Repubblica, le sagome a muraglia dei palazzoni popolari, viene da pensare quanto sia difficile coniugare risposta a una domanda sociale, qualità della storia e gusto delle armonie urbane. Intanto lo Stato insegue, arrivano i servizi, le scuole, le Poste. E sulla cima, la direzione delle acque per città e territorio, consorzio Govossai, prima, Abbanoa, oggi. Appena sotto, confinante la struttura della chiesa. Strano destino le intreccia. Parrocchia, acqua santa, Abbanoa, acqua profana. Entrambe indispensabili, cambiano i costi: con la prima, acqua santa, te la cavi con un “Pateravegloria”, per la seconda, Abbanoa, bollette al sapore di sale.
Dopo le prime peregrinazioni di casa in casa, avere la chiesa diventa esigenza di popolo. Stanchi dei saloncini, magari col soffitto così basso da stare inchinati, come in via Iglesias, parte la spinta a realizzare. Dal quartiere “a strati”, medici e dirigenti a Biscollai, artigianato e commercio a metà collina, popolo e palazzoni giù, tutti uniti a voler la loro parrocchia. Nel 1982 la posa della prima pietra di un salone, nel 1987 inizio della chiesa.
Piera Cilla, viene da Bono per le magistrali, trova a Nuoro diploma e marito. Nella settimana santa del ’73 ha già la nuova casa sotto Biscollai. Strade bianche, inseguendo di casa in casa la sua volontà di contribuire alla vita ecclesiale: «Doveva sorgere un po’ più giù la chiesa, soliti problemi o di burocrazia o di finanza. È qui nel punto più alto, quasi una barriera architettonica. E i costi, solo lo sbancamento, fior di milioni».
Dopo 43 anni da catechista, la signora Piera ne ha viste tante. Quando non esisteva l’otto per mille, ogni mattone e ogni pala di cemento raccontano una storia, soldo su soldo e iniziative di parrocchiani fedelissimi. I priorati, coinvolgenti negli aspetti religiosi e civili, avevano come unico obiettivo la chiesa. Con orgoglio conservano album di foto, ricordi e i registri delle entrate e delle uscite. «Mio marito, priore, ha chiuso l’officina per un mese. Tante donazioni, sessanta pecore dai pastori. Ce n’era abbastanza anche per i poveri». Eccolo stampato nel manifesto di quell’anno, 1987, per la festa di San Paolo Apostolo, in preciso ordine gerarchico: “Santa Messa con omelia, assaggio de su zurrette e patata in cappotto dal priore”. E tutto in funzione del sacro.
Popolo accanto ai suoi parroci, quello di San Paolo, Giovannino Porcu, Gianni Bitti, Salvatorangelo Chessa, Alessandro Fadda. Alla ricerca costante della coesione, tra associazioni e movimenti, di scout del Masci, Cammino neocatecumenale, gruppo coppie, Oratorio, Vincenziane, Milizia dell’Immacolata e diversi cursillisti.
Preoccupazione e tristezza sul volto di Piera Cilla, costante di questa città. «Non sa tenersi i suoi giovani. Tanti vecchi che a fatica si tengono aggrappati alle nostre attività. Viviamo un esodo quasi biblico e si assottiglia la speranza, anche quella di rivitalizzare le chiese, con nuove e fresche energie. Perché chi deve occuparsi del lavoro, per le generazioni nuove, non fa qualcosa?». La risposta è ancora lontana.
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Il programma
- Domenica 2 aprile
Ore 9.30: Accoglienza del Vescovo
Ore 10.00: Celebrazione SS. Cresime
Ore 16.00: Visite - Lunedì 3 aprile
Ore 9.30: Visite
Ore 15.30: Visite
Ore 18.00: Santa Messa
Ore 19.00: Incontro personale con i parrocchiani - Martedì 4 aprile
Ore 15.30: Visite
Ore 18.00: Santa Messa
Ore 19.00: Incontro con le famiglie - Mercoledì 5 aprile
Ore 9.30: Visita alla Scuola di via Tempio
Ore 15.30: Incontro con i genitori e i ragazzi del catechismo
Ore 16.30: Adorazione Eucaristica e Confessioni
Ore 18.00: Santa Messa
Ore 19.00: Incontro con il Consiglio pastorale parrocchiale e il Consiglio parrocchiale per gli affari economici - Giovedì 6 aprile
Ore 18.00: Santa Messa
Ore 19.00: Incontro con i gruppi parrocchiali - Venerdì 7 aprile
Ore 9.30: Visita alla Scuola di Monte Gurtei e alla Scuola di via Iglesias
Ore 15.30: Incontro con i genitori e i ragazzi del catechismo
Ore 18.00: Santa Messa
Ore 19.00: Via Crucis cittadina dei giovani - Sabato 8 aprile
Ore 9.30: Visite
Ore 15.30: Incontro Oratorio e catechiste
Ore 18.00: Santa Messa e conclusione della Visita pastorale