Nuoro, Beata Maria Gabriella (29 gennaio – 4 febbraio 2017)

Un quartiere nato intorno alla parrocchia

 

di Matteo Marteddu

Se la storia parlasse di un’epopea del west della chiesa nuorese, l’occhio si fermerebbe qui. Tra Sa terra mala, rio Su Crastu, i nuraghi Tertilo e Gabutele. Terra di frontiera, periferia sud della città. La cura delle anime non necessariamente segue i quadranti delle lottizzazioni convenzionate o le simmetrie dei piani regolatori. Segue le persone, non i metri cubi, si accosta alle necessità della sofferenza, non giudica col “metro” dell’abuso urbanistico. Tant’è che, quando a fine anni Settanta del secolo scorso, quelle valli, sull’asse della vecchia provinciale per Mamoiada, furono identificate come area per “servizi sociali decentrati”, la scommessa partì. Oggi, nella sua visita pastorale alla parrocchia della Beata Maria Gabriella, monsignor Marcia incontrerà un felice caleidoscopio di lingue e dialetti, una rete e un groviglio di esperienze, di professioni e di vite, come è difficile riscontrare in altre parti della città. La parrocchia filo conduttore di una unicità cercata e ritrovata.
Nata come “costola” di San Paolo – Monte Gurtei, istituita il 29 giugno 1986, prime messe nel salone della cooperativa Primo Maggio, panetteria, dal pane profano al pane sacro, anche i simboli, spesso non ricercati, fanno Storia. Intanto, tra strade fangose e infrastrutture sconnesse, nei primi anni Ottanta, il popolo della casa unifamiliare si muove con determinazione. Ne incontro alcuni negli uffici della parrocchia. Sono la memoria storica e anche le sfide del presente, parlano una sola lingua perché una sola trama hanno da raccontare Graziella Usai da Aritzo, Peppino Carotti da Dorgali, imprenditore, Mario Cesare Usai da Ulassai, ex-industria Ottana. Come tanti son arrivati qui, carichi di energie e di speranze. «Era campagna, svettava solo la struttura del carcere, senza recinzione, 41 detenuti e 120 guardie. Ci guardavamo senza conoscerci, la domenica tornavamo nei nostri paesi. Ci pesava andare a San Paolo e l’essere precari della Messa domenicale. Quando ci hanno proposto la nuova parrocchia abbiamo iniziato una nuova vita. Diciamolo chiaro, solo la parrocchia si è posta come riferimento per costruire un minimo di unità di quartiere, ne siamo ben consapevoli». E ne era consapevole don Sandro Dettori, nella sua breve prima esperienza e subito dopo don Pietro Borrotzu che dai primi anni Novanta intitolava la lettera al suo popolo “Per costruire la comunità”. «In viaggio, in fretta, se diamo uno sguardo alla nostra realtà ci rendiamo conto che il tempo che abbiamo trascorso insieme è ancora troppo breve. Siamo qui da quattro o cinque e anni, c’è ancora la difficoltà e l’impaccio delle prime presentazioni, e quasi ogni giorno ci sono nuovi arrivi. L’ostacolo del non conoscersi e camminare insieme vuol dire reciproca accettazione. Siamo arrivati da mille strade». Ma la parrocchia cresce, trova casa, scommette su investimenti, qualcosa di pubblico e tanto di privato. Oggi tremila cittadini, sparsi tra via Costituzione, rio Dionisi, S’ena e s’Umulu, Su Pinu, Testimonzos Murichessa, Predas Arbas, Su Berrinau, sa Toba, Ghiroleo, Dorbideleo, Gabutele e Badu Orane». E non solo le casette a schiera de Sa terra mala, le villette unifamiliari, poi le campagne alla ricerca angosciosa della casa. L’ultima abitazione, con famiglia, otto chilometri verso Badu Orane, forse più vicina alla chiesa campestre di S’Ispideru Santu.
L’intrico di provenienze non crea più malessere, da Orotelli, Mamoiada, Dorgali, Orani, Barbagia e Ogliastra, le coop interforze con operatori di mezza Italia e relative consorti, un unico amalgama di ricchezza morale, di ansie e ambizioni, di risveglio civico condiviso, di vicinanza ai valori religiosi. Associazioni, Azione cattolica, catechesi, pastorale del lavoro, campo di calcio in erba sintetica, fondamentale ruolo di utilità pubblica. Nell’immaginario dello sviluppo della città forse non era compreso, o forse le ambizioni di amministratori troppo lungimiranti si sono sbriciolate sul muro delle loro stesse fantasie. E a qualche centinaio di metri dalla parrocchia, a sa tanca ‘e S’Ena, ancora il grumo della vergogna innalza ferraglie arrugginite, una selva di piloni di cemento armato. Quella che, con enfasi, doveva essere “la cittadella sportiva”, oggi è il simbolo plastico degli sprechi italioti anni Ottanta. Ne vedremo mai almeno la rimozione?
Il quartiere ha a che fare con l’Università. Sa Terra Mala appunto. No, nessun collegamento, corpo estraneo eppure è quartiere/parrocchia dentro i grandi problemi sociali di oggi. Come quello della casa: anche quelle che le cronache e le regole definiscono “Abusivismo”. «Qui nel salone parrocchiale – dice Don Borrotzu – si sono spesso riuniti quelli di Testimonzos». Nome, luogo, sito simbolo non solo a Nuoro di battaglie per difendere la propria abitazione, per richiamare giustizia o anche per giustificare il non rispetto di regole oppressive. Ogni casa una persona, una famiglia, una storia, una coscienza. Come l’attenzione per quel mausoleo nazionale della detenzione che da sempre proietta il toponimo antico Bad’e Carros nei “networks” mondiali. Non si è potuta sottrarre la chiesa nuorese e la parrocchia dal suo compito, «Ero carcerato e sei venuto a trovarmi». La muraglia rappresenta divisione, è bastato trasformarla un po’ in condivisione: «Da impedimento a focus», dice don Borrotzu. È dalla visita pastorale del 2000 che il carcere è prepotentemente entrato negli argomenti parrocchiali, da allora la coscienza condivisa che Badu ‘e Carros non è un fastidio, è parte integrante della comunità, da guardare con assoluta comprensione e rispetto. C’è il Centro sociale che affianca la chiesa, per accogliere i familiari dei reclusi e i progetti, con generosa gratuità e volontariato, per sottrarre, in giornate particolari come il Natale, dalla solitudine i detenuti. Sulla scia tracciata dalla Chiesa locale che da sempre ha visto bene e si è posizionata con estremo coraggio sul tema del carcere di Badu ‘e Carros. Poteva star muta? Se la stessa commissione d’inchiesta del Consiglio Regionale puntava il dito: «La ricognizione ha rivelato uno stato di estremo degrado sia della zona di rispetto, sia degli interni, immondizia, muri sporchi, polvere accumulata da mesi, fili elettrici scoperti, scarsissima manutenzione e completo abbandono». Ancora, nero su bianco «situazione delle celle desolante, mancano le docce, il gabinetto alla turca in mezzo alla stanza, non appartato, mancanza di privacy, pessima qualità del vitto, netto rifiuto alla possibilità di studiare». «La Chiesa nuorese è stata sempre contraria alla presenza del braccio speciale. Da quando nell’estate ’77 le ruspe iniziarono a spianare. Spinta alla guerriglia secondo il cappellano don Giovanni Farris». (Salvatore Bussu, Un prete e i terroristi). E da don Bussu era arrivata la drammatica denuncia per le condizioni dei detenuti speciali. La sua lettera di dimissioni da cappellano del 25 dicembre ‘83, varcò rapidamente il tirreno e scosse istituzioni e coscienze. Oggi si coglie l’opportunità per atti concreti di accoglienza e solidarietà, in una quasi integrazione di quartiere, quasi fosse solo virtuale quello sbarramento che accompagna tutta via Dessanay.
Proprio perché in una terra di frontiera, monsignor Marcia, nella sua Visita dal 29 gennaio prossimo, incontrerà un popolo che ha saputo ritrovare la strada delle passioni comuni e condivise. Nel quadro di incertezze che minano l’orizzonte della città. Generazioni di giovani che vanno via, famiglie spolpate dai costi degli studi universitari, imprese boccheggianti. Eppure ancora un filo di speranza, quello che li ha spinti, negli anni Ottanta, a mettere mattone su mattone, nei declivi verso rio Su Crastu o all’ombra del pino di Grazia Deledda.

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Il programma
  • Domenica 29 gennaio
    Ore 10.00: Inizio della Visita Pastorale Santa Messa – Subito dopo Incontro-festa con le famiglie
    Ore 16.30: Incontro con il Consiglio Pastorale Parrocchiale, il Consiglio per gli Affari Economici e con le Commissioni Pastorali
  • Lunedì 30 gennaio
    Ore 8.30: Lodi
    Ore 9.30: Visita ai malati e agli anziani
    Ore 16.00: Esposizione del SS. Sacramento e Adorazione – Confessioni
    Ore 17.30: Santa Messa – Preghiamo per i defunti della parrocchia
    Ore 18.30: Incontro con le famiglie
  • Martedì 31 gennaio
    Ore 8.30: Lodi
    Ore 10.00: Incontro all’Università
    Ore 11.30: Incontro con gli utenti e le famiglie del Centro di Aggregazione Sociale
    Ore 17.30: Santa Messa – Preghiera per l’Unità dei cristiani
    Ore 18.30: Incontro con i catechisti, operatori parrocchiali, Azione Cattolica, Associazioni e Volontariato, Gruppi di servizio
  • Mercoledì 1° febbraio
    Ore 8.30: Lodi
    Ore 9.30: Visita ai malati e anziani
    Ore 16.00: Incontro con i bambini e i ragazzi del catechismo Rappresentazione del “ Piccolo Principe della misericordia”
    Ore 17.30: Santa Messa – Preghiamo per i lavoratori
    Ore 19.00: Incontro con i lavoratori del quartiere
  • Venerdì 3 febbraio
    Ore 8.30: Lodi Mattutine
    Ore : Scuole materne private (n.3)
    Ore 11.00: Incontro Istituto d’Istruzione Superiore “F. Ciusa”
    Ore 16.00: Disponibilità del Vescovo per i colloqui personali
    Ore 17.30: Santa Messa – Preghiamo per i poveri e gli ammalati
    Ore 18.30: Incontro con i cresimandi, padrini e genitori
  • Sabato 4 febbraio
    Ore 8.30: Lodi Mattutine
    Ore 10.00/11.00: Incontro con i lavoratori (incontro cittadino) a Prato Sardo
    Ore 17.00: Santa Messa – Sacramento della Confermazione – Conclusione della Visita Pastorale.
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