Viviamo in un tempo che sembra proporre un unico calendario: quello della rassegnazione e del pessimismo. Atteggiamenti che generano, a loro volta, delusione e impotenza. E sembra che la storia umana, con le sue premesse e promesse, i suoi annunci e le sue cronache non possa disegnare e proporre per il presente e per il futuro nient’altro che un veloce adattamento a tutti, pena la marginalizzazione, perfino l’esclusione da un mondo che appare immodificabile, quindi non trasformabile. La conseguenza è uno sguardo passivo sulla realtà, la rinuncia a volerla cambiare, con atteggiamenti personali e pubblici senza sussulto né vitalità: quanto serve dunque per dimostrare che non c’è (mai) nulla di nuovo sotto il sole. Di fronte a questo scenario, il primo a reagire è proprio Dio, che non si rassegna mai quando la storia pretende di avere uno sguardo umano, solo umano. Lui irrompe nella vita con uno stile opposto e alternativo, come un evento sorprendente rispetto a un’umanità ripetitiva e monotona, inaugurando col suo Natale una nuova stagione. Lo fa, non a caso, nascendo – come ricorda la descrizione del profeta Isaia – come germoglia una gemma dopo l’inverno e come affiora un bocciolo da un tronco secco: «Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Isaia 43,19).
In realtà non sempre ci accorgiamo. Talvolta facciamo di tutto per non accorgercene. Perché, diciamocelo, vecchiume e aridità – non solo spirituale – ci accompagnano, ci inaridiscono. E Dio è il primo a non sopportarlo. Per Lui le storie di morte non possono né devono averla vinta. Il Natale ci propone ancora una volta di essere amici di questo Dio. Amici che imparano ad amare i germogli. Amici che osservino quello che nasce e sa rinascere – in mezzo a noi, società e Chiesa, tra i popoli – più che quello che muore o è già morto. Il germoglio Gesù sboccia e va alla ricerca di chi si fa complice del suo sguardo di bene, di amore, di tenerezza, di giustizia e di fraternità. E tutto questo, per Dio, non è impossibile. Lui ci crede fino in fondo, fino a dare la vita.
È tempo che sbocciamo anche noi, perché siamo noi, ora, il germoglio. Lo possiamo fare grazie alla Parola di Dio, ma anche ascoltando le attese e le speranze degli umili e dei poveri, che attendono un gesto, una presenza, un dono che faccia rifiorire in loro vita e speranza. Per tutti c’è sempre un inverno da passare, e che passando allontani dall’indifferenza e da uno sguardo parziale, portando un disgelo nelle relazioni e nei cuori, regalando fiducia e, insieme, pensieri e gesti fecondi.
Non ci resta che prendere sul serio il germoglio chiamato Gesù e, attraverso di lui, accogliere il progetto di Dio che, come Padre, ribalta la nostra storia e inaugura il tempo del Dio con noi. Guardando Gesù non vediamo infatti solo un uomo, ma accogliamo colui nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9); lui è «l’immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), il sorprendente germoglio che fa rifiorire la terra in cui viviamo.
L’augurio natalizio diventa un impegno a leggere la sua presenza, a vederlo nascere in mezzo a noi, sempre e ogni volta nuovamente, nonostante tutto.
Buon Natale, e sereni giorni nel 2022!
+ Antonello Mura