C’è un confessionale vuoto nel santuario delle Grazie, quante persone aveva accolto e ascoltato seduto lì per ore, ogni giorno, padre Mario. Per tanti quella era la porta della dispensa della misericordia, nel giorno del suo funerale qualcuno alla sua porta ha appeso un foglietto: c’è scritto «grazie». Forse è questo il modo più bello per salutare un religioso e un sacerdote che ha servito la sua congregazione e la chiesa proprio nell’ascolto e nel nascondimento. Piccolo di statura, apparentemente burbero, padre Mario mostrava nel confessionale – a cui si avvicinava ultimamente con passo lento, accompagnandosi con un bastone – il vero tratto della sua persona, così come disegnato anche da padre Fiorenzo Cavallaro, vicario provinciale degli Oblati di San Giuseppe nel ricordo durante il rito funebre: «Metodico nello svolgere il ministero, preparato e sempre aggiornato ma senza darlo a vedere, padre Mario era schivo e umile. Ricordo la sua rettitudine – ha proseguito –, l’esempio di dedizione al Signore e agli altri nel silenzio, la sua laboriosità nella quotidianità».
Padre Mario Dondo era nato a Calamandrana, in provincia di Asti il 12 giugno 1935, tredicenne entrò in seminario dove compì gli studi, professione religiosa nel 1957, fu ordinato sacerdote l’8 maggio del 1960. Subito espresse il desiderio di andare in missione, trascorse quindi nove anni in Perù, girando tra i villaggi andini e poi 12 anni a La Paz, in Bolivia, come responsabile di un collggio e di una scuola presso la parrocchia guidata dai giuseppini. Dal 1983 in Sardegna, trascorse 22 anni al santuario delle Grazie e dopo una parentesi di cinque anni, vissuti a Capoterra, vi fece ritorno serevendo la comunità nuorese fino all’ultimo.
«Era un uomo veramente libero – ha detto il Vescovo Mosè Marcia nell’omelia –, religioso obbediente ma soprattutto persona capace di mettersi in ascolto. Ha vissuto due terzi della sua vita per la Chiesa e qui, nel suo confessionale, altro non faceva che ascoltare».
Un ringraziamento è arrivato dalla comunità parrocchiale delle Grazie, dai gruppi e dalle associazioni di cui è stato padre spirituale, e infine dal parroco padre Giuseppe Magliani: «Una parola: grazie. Grazie al Signore – ha detto – che lo ha chiamato religioso nell’ordine degli Oblati di San Giuseppe e sacerdote nella Chiesa, altri seguano il suo esempio. Grazie alla comunità che lo ha accolto e amato, grazie a chi si è preso cura di lui soprattutto negli ultimi giorni. Ora il suo confessionale è vuoto – ha concluso – e tanta gente aspetta un ministro della misericordia del Signore». Così padre Giuseppe rivolgendosi ai fedeli e al Vescovo che ha presieduto la celebrazione insieme al Vescovo emerito Pietro Meloni e ai sacerdoti della diocesi che infine gli hanno fatto corona per l’ultimo saluto. A loro rimane un esmpio di integrità e rettitudine, un’eredità che non deve essere sciupata.
f. c.
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