L’ultimo caso è quello di Anna Maria, la donna di 37 anni morta a Torino dopo l’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. Se l’inchiesta è ancora in corso e l’autopsia pare non aver chiarito tutti i dubbi, è chiaro che rimangono sul tappeto almeno due ordini di problemi. Il primo riguarda il medicinale da associare alla Ru486, il secondo la compatibilità con la Legge 194 sulla “tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (ivg)”.
Come funziona la Ru486. L’aborto farmacologico va realizzato entro la settima settimana di gravidanza: il primo giorno la donna assume il Mifegyne (600 mg di mifepristone, principio attivo della pillola) che uccide l’embrione. Entro 48 ore viene somministrato il misoprostolo per espellere il “prodotto del concepimento” – secondo l’articolo 3 della determina dell’Agenzia italiana per il farmaco pubblicato in Gazzetta ufficiale, ovvero “il concepito” – come lo chiama la Legge 194 sulla ivg. Non esistono indicazioni univoche sul farmaco da utilizzare in caso di emorragie. Tra i «possibili rischi connessi» all’utilizzo della Ru486, che anche la determina mette in evidenza, «reazioni avverse segnalate, quali emorragie, infezioni ed eventi fatali». Senza contare i «rischi teratogeni (cioè capacità di provocare malformazioni ndr)» e il «sensibile incremento del tasso di complicazioni in relazione alla durata della gestazione». Prima del caso di Torino, l’uso della Ru486 aveva provocato 29 decessi a ciu ne vanno aggiunti 12 per uso non abortivo del farmaco.
Ricovero sì, ricovero no. Dopo l’assunzione del secondo farmaco l’espulsione dell’embrione può avvenire dopo poche ore ma anche dopo giorni, accompagnata da forti dolori e/o emorragie. Per questo è stato stabilito dall’Aifa, dal Consiglio superiore di Sanità e dal ministero della Salute che la somministrazione del farmaco avvenisse in regime di ricovero ospedaliero di 3 giorni, ma alcun regioni (tra cui proprio il Piemonte, oltre Emilia Romagna, Puglia, Liguria, Lazio) hanno permesso l’uso della Ru486 anche in day hospital.
Ru486 e Legge 194. Ma non c’è solo la questione-ricovero ospedaliero. L’utilizzo della pillola abortiva infatti sembrerebbe vanificare la lettera degli articoli 2 e 5 della Legge 194. La lettera d dell’art. 2 afferma che i consultori assistono la donna «contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza» (concetto ribadito dall’art. 5), mentre l’art. 5 prevede un incontro con il medico al termine del quale la donna è invitata a «soprassedere per sette giorni», solo dopo questa riflessione si può procedere all’interruzione della gravidanza.
C’è da chiedersi se queste indicazioni normative, oltre che attenzioni dal punto di vista umano, siano state prese in considerazione anche per Anna Maria o se, come ormai pare diventata prassi, siano state disattese in nome di un aborto “semplice”.
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