Si è chiusa, con l’appuntamento di domenica 11 marzo, la Scuola diocesana della Parola. Ma non si è trattato di porre la parola fine a questa esperienza, come il Vescovo ha voluto anticipare, infatti, ci sarà un seguito: il momento formativo pensato da principio per i Consigli pastorali e poi esteso a catechisti, docenti di religione, consacrati, associazioni e movimenti, fedeli laici, sarà riproposto nel prossimo anno pastorale per continuare a dare risposta a una esigenza più volte manifestata negli eventi comunitari, dal cammino di preparazione del Progetto pastorale ai vari Convegni pastorali diocesani. Monsignor Marcia, felice per la risposta importante in termini di presenze, ha anche espresso il desiderio che tale esperienza possa ancora estendersi nelle singole parrocchie fino ad avere persone adeguatamente formate capaci di riportare nel piccolo questa stessa metodologia.
Piergiacomo Zanetti, il padre gesuita che ha guidato i tre appuntamenti, prima di addentrarsi nella Lectio divina ha elogiato «il coraggio di fermarsi davanti alla Parola di Dio da parte di cristiani che si prendono sul serio».
La parola al testo sacro, dunque: il Vangelo di Matteo al capitolo 1, versetti da 18 a 25.
«Di Gesù Cristo la genesi così era», suonerebbe il testo greco. L’intenzione dell’autore – ha spiegato padre Zanetti – è di scrivere e mostrare che Gesù è il nuovo Mosè, è il Messia atteso. Maria è presentata con il nome e descritta in base a relazioni, madre, promessa sposa: il Vangelo ha un termine per spiegare questa condizione, il camminare insieme. «E tu – ha domandato padre Zanetti – con chi vorresti camminare?».
Questa donna “fu trovata” incinta, con un termine che significa “scoprirsi tale” ed “essere vista”, vale a dire che anche gli altri le consegnano una identità. Ecco come lo Spirito può intervenire nella nostra vita e cambiarla in maniera inattesa.
Giuseppe era “l’uomo di lei”, ed era giusto: non vuole disonorare questa donna. «Noi – ha commentato Zanetti – a volte leghiamo l’amore al sentimento, lui lo mette nei fatti».
Prosegue il testo. Si presenta un angelo, si mostra nel sogno – «lì dove non posso intervenire» – quello che viene detto è Parola di Dio, «Dio si comunica – ha sottolineato – a noi che a volte non sappiamo a chi rivolgerci».
Disse l’angelo: “Giuseppe, figlio di Davide”, figlio di un re, “non temere di prendere con te la donna tua”, dove il pronome possessivo sta ad indicare che Dio non toglie niente.
Le parole che arrivano dall’angelo tolgono esse stesse la paura: «Se anche non hai una visione – ha detto Zanetti – senti come ti risuonano queste parole: se ti conciliano, ti rasserenano, ti fanno vedere prospettiva, allora vengono da Dio. Ciò che fa sentire contento, più uomo, che dà più opportunità viene da Dio. Quali sono i criteri con cui scegliamo?». Allora è come se l’angelo dicesse “se prendi con te Maria sentirai pace” che per noi significa “segui la voce che ti dà pace nella tua coscienza”. Un passaggio ulteriore, «se devi decidere di stare con una persona o la prendi con la sua storia o no – ha sottolineato il biblista – devi fare i conti con la sua storia, non la puoi cambiare. Ma non è questione di essere ingenui quanto di aprire gli occhi».
Prosegue l’angelo: “Tu chiamerai”, vale a dire “sei tu che dai l’identità a lui e permetterai di separarsi da sua madre”, un passaggio necessario nella vita di ciascuno, quello di recidere il cordone ombelicale con la propria madre.
“Lo chiamerai Gesù”, che significa “Il Signore salva”: «Lui mi salva – ha sottolineato padre Zanetti – mi fa scoprire dove sono perso e mi viene a prendere. Questo Dio continua ad amarci, vuole il nostro bene». Qui si conclude il sogno.
Un inciso, importante, sulla diversità di nomi, “lo chiameranno Emmanuele”, è di lui che avevano scritto i profeti. «Il criterio da utilizzare è l’interpretare, il sentire lo spirito, non il rimanere alla lettera» – ha spiegato Zanetti. Tornando al senso, dunque, «Dio è con noi ed è colui che ci salva. Se non mi salva e non sta con me non è Dio».
Penultimo passaggio, dal sogno al sonno. Il sogno è la visione, l’intuizione, la possibilità, il sonno è invece il luogo della comprensione, della decisione. «Dio mi dà dignità di poter scegliere», e così, destato dal sonno, Giuseppe pone il nome.
E “non la conobbe”, nessuna volontà di fare dire al testo quanto qui non dice, quanto piuttosto il contrario: «Gesù è figlio di Dio e figlio dell’uomo».
Dopo la preghiera personale, le risonanze e le domande un momento per tirare le fila.
In sintesi. Così la prima comunità cristiana si riconosce in Giuseppe, «uomo giusto perché supera la legge». Nelle scelte di Giuseppe c’è la vita, ci si distanzia dal contesto giudaico, «giustizia è allora mettere al centro l’altro, non la norma ma la persona». A partire dalla legge ha il coraggio di cambiarla, ci insegna cos’è la giustizia per la prima comunità cristiana e insieme «l’importanza della coscienza: qui cambia il mondo. Ed è una dignità data a ciascuno». (fra. co.)
Un cammino in tre tappe
Così padre Zanetti ha voluto sintetizzare il significato del cammino proposto alla comunità diocesana nei tre incontri di Scuola della Parola. Il primo, quello del 14 gennaio, “Inciampare in Dio” (Gn 28, 10-22), ovvero quando l’uomo si rende conto di una qualità della vita possibile, diversa.
Il secondo, quello del 4 febbraio, “Nascita della coscienza” (1 Sam 3), ovvero imparare a prendere distanza dalle altre voci che sento, è la nascita di una persona.
Infine l’incontro dell’11 marzo, “Il Sogno di Giuseppe” (Mt 1,18-25), ovvero la difficoltà di scegliere. «Ma Dio non ci abbandona, che cosa è veramente vita che io posso scegliere? È difficile ma possibile, anche grazie a criteri per poter scegliere. Dalla visione al sogno alla parola, quello che io scelgo, l’azione».
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