Il Redentore ci libera dalle nostre contraddizioni
Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata dal Vescovo durante la celebrazione solenne sul Monte Ortobene in occasione della Festa del Redentore martedì 29 agosto.
Abbiamo appena ascoltato la Parola di Dio che nella seconda lettura afferma: «Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito», e poco più avanti: «quando eravamo nemici» (Rm 5, 6) Quanti di noi guardano al nemico, sono parole dure che descrivono la società di oggi… e così ci definisce Paolo, lui, coerente accanito persecutore degli inizi, con altrettanta forza e coerenza definisce la nostra infetta umanità: una fratellanza di Peccatori, Empi e Nemici. Eppure, continua Paolo, nel cuore di questa umanità di peccatori, empi e nemici “è stato riversato l’amore di Dio” (Rm. 5,5).
La Chiesa, sempre fedele alla sua missione, dai tempi Paolo ad oggi, non ha mai smesso, di proclamare all’uomo questa verità: la gratuità assoluta di questo Amore Misericordioso e Infinito di Dio! Infatti, «mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rom. 5,8), e così dona, nel Suo Figlio, il Suo amore a chi lo odia!
Questa missione, questo mandato, la Chiesa lo svolge sempre, anche oggi qui, in questo Monte proprio mentre festeggia il Redentore! Proclama ancora la salvezza di Cristo, ad una società che reputa questo messaggio anacronistico, fuori dal tempo e dallo spazio! Dove appare siano altri i veri valori che lubrificano il consorzio umano! Eppure la Chiesa sa molto bene che solo in Cristo l’uomo e l’umanità trovano le risorse del proprio bene-essere!
Gesù che si sente inviato alle pecore perdute di Israele, di fronte alla vera fede (pensiamo al racconto evangelico della Cananea) allarga i confini della promessa di salvezza a tutti coloro che lo sanno accogliere e, senza imporsi, a tutti coloro che vedono in Lui il volto umano di Dio! Io stesso, vostro Vescovo, se non lo accolgo mi metto fuori dagli orizzonti della salvezza; non basta parlare, scrivere, conoscere, contestare, discutere, … occorre accogliere … il Cristo nella nostra vita!
Noi, oggi festeggiamo “il Redentore”! Festeggiamo cioè la salvezza che crediamo Lui ci ha portato! Quella salvezza che ci libera totalmente dall’amore disordinato di noi stessi, principio di ogni peccato, del nostro peccato, del nostro male, quello morale, di cui siamo attori liberi e coscienti! Ci libera da quel peccato che, nelle sue svariate forme, ci attanaglia e ci tiene in qualche modo prigionieri. Ci libera da quel male che, al di là degli eufemismi con cui vogliamo chiamarlo e mascherarlo, noi lo sappiamo si nasconde in noi e continuamente ci insidia nel nostro quotidiano.
Cristo Gesù ci libera dal peccato, ci dà la possibilità di non peccare più, ma non ci toglie la libertà, possiamo ancora peccare, e di fatto pecchiamo, possiamo ancora andargli contro, è quanto purtroppo continuiamo a fare!
Il Redentore salvandoci dal peccato non ci toglie la fatica della libertà, del discernimento, dello scegliere Lui, e neppure annulla le conseguenze del peccato che abbiamo commesso. Perdona Caino, ne prende le difese, ma non restituisce la vita a Abele! Perdona l’adultera, la libera dalla condanna umana, ma lascia alla sua libertà di non sbagliare più: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.
La fede, cioè il mio “SI” a Cristo Gesù, la mia adesione a Lui, non può che essere una scelta libera, personale e responsabile.
A questo proposito nel vangelo Gesù è molto chiaro:
«Se volete credermi»…; «Se qualcuno vuol venire dietro di me…»; «Se vuoi entrare nella vita»…; «Se vuoi essere perfetto…»; «Chi vorrà diventare grande tra voi si farà vostro servo»…; Gesù consapevole delle dure parole che costituiscono le sue proposte, poiché alcuni se ne vanno, domanda ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67).
Gesù rispetta la volontà di ognuno di noi, che, a suo tempo, davanti a Lui, renderà conto delle proprie scelte! Gesù è pronto a perdere anche i dodici, ma non torna indietro di una virgola, sulla Sua Parola, ed esige adesione libera e totale. Fede è questo: “SI” a Cristo Gesù!
Sorprende il constatare quanto straordinaria e totalmente gratuita sia la stima che Dio Padre ha per ognuno di noi lasciandoci liberi nella nostra libertà! Ci chiediamo col salmista: «Chi è mai l’uomo, perché Tu, Signore, te ne prenda cura?». Quale assoluta dignità ha ognuno di noi per meritarsi un Dio crocifisso? Qui viene evidenziata tutta la grandezza dell’uomo! Ma quale uomo?
Gesù, flagellato e deriso con una corona di spine e una canna per scettro, viene presentato da Pilato alla folla: “Ecco l’Uomo”! Questo “Ecce Homo” mostra tutta la contraddizione che ogni uomo porta in sé e nella società, e Lui, il Redentore, ce la svela.
Dove collochiamo noi la nostra dignità di uomini? Su una poltrona da non perdere, come Pilato? sulla posizione sociale da difendere, come gli scribi e i farisei? Quale dignità umana ricerchiamo quando preferiamo al giusto il corrotto, all’onesto il depravato, al legittimo l’illegale, come Barabba; o all’amicizia l’interesse personale e i quattrini, come Giuda; la nostra è veramente un’immagine di uomo sfigurato e annullato nella sua dignità! Ci chiediamo quanti suicidi e morti ammazzati abbiamo accompagnato in cimitero quest’anno?
Il Redentore ci libera da tutte queste contraddizioni, e, rispettando sempre la libertà di ciascuno, ci pone davanti le nostre responsabilità personali, di Vescovo, di sacerdoti, di politici, di amministratori della cosa pubblica, di padri e madri di famiglia. Veramente ognuno di noi nel Redentore, nel suo personale rapporto unico e irripetibile con il Signore, fonda la sua dignità inalienabile, invendibile, che nessuna moneta può comprare!
Nulla e nessuno deve perciò poter intaccare il sacrario intimo della persona, perché la dignità di ogni uomo è riscattata fin dall’origine da quel Dio che, per amore del peccatore, empio e nemico, l’ha redenta.
Con questa consapevolezza la Chiesa rivolge il suo insegnamento sociale a tutti gli uomini di buona volontà e ai suoi rappresentanti nei vari ambiti della società civile.
Guardare il Redentore significa riconoscersi bisognosi di salvezza, e lasciarsi permanentemente ricondurre nel terreno compatto del vero, abbandonando le inevitabili sabbie mobili dell’ideologia.
Sarebbe un guadagno per tutti, dal momento che nel cuore degli insegnamenti evangelici, troppo spesso disattesi quando non ignorati, sta veramente l’uomo, il cittadino coi suoi bisogni primari: la famiglia, la vita, la scuola, il lavoro, lo sviluppo, la cultura e la giustizia. Senza ideologie, fidiamoci ciecamente di quanto il Cristo Redentore ci ha lasciato nel Suo Vangelo. Ma come potranno questi bisogni trovare la loro giusta soddisfazione, essere salvati, se non c’è alla base né il Cristo né il Suo insegnamento?
Tale insegnamento mostra chiaramente che le riforme di qualità possono fiorire e portare frutto solo dal rispetto sommo della vita del singolo cittadino e della sua naturale e primordiale comunità: la famiglia. Oggi, invece, la famiglia è la realtà trascurata e disattesa anzi sfruttata a vantaggio di una collettività che, non credendo più nel valore di questa naturale istituzione non crede più neppure nella stessa comunità civica. Quindi la collettività quando distrugge la famiglia distrugge sé stessa.
Ciascuno di noi, invece, attuando e mettendo a frutto le responsabilità che la vita e il ruolo sociale gli ha dato, è chiamato a diventare strumento dell’esaltante promessa di unità fatta dal Signore al suo popolo: «Dice il Signore Dio: – Io stesso cercherò le pecore e ne avrò cura … le radunerò da tutti i luoghi dove erano state disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. … le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare» (Ez 34, 11-12).
È questo un dovere per il Vescovo e il Sacerdote, per il Politico e l’Amministratore, per il genitore e per il figlio, per l’artigiano e per l’industriale. Nessuno può sentirsi esonerato! Siamo tutti responsabili, secondo le proprie capacità e ruoli, dei questi bisogni primari dell’uomo.
Quest’oggi stretti intorno al Redentore preghiamo, insieme, per la nostra città di Nuoro e per tutta la nostra Chiesa Nuorese. Lo faccio io a nome di tutti, con le parole di un preghiera di Roberto Laurita:
“O Signore, nostro Dio e Redentore,
gli idoli costituiscono una tentazione perenne
con i quali ognuno di noi prima o poi deve fare i conti.
Stabiliti su una terra, sedotti da un certo benessere,
è facile scivolare nel culto delle forze che sembrano guidare la storia:
il potere e la ricchezza, l’astuzia e la ricerca del piacere,
del proprio vantaggio,
a qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo.
Per questo, nostro Dio e Redentore,
tu ci metti in guardia da questa trappola pericolosa:
una volta caduti dentro, infatti,
la nostra vita è soggiogata ad un potere inflessibile
che ci domina e ci trasforma,
inducendoci a calpestare anche i sentimenti più nobili,
anche le realtà più sante, anche i diritti più fondamentali.
Liberaci, Signore, nostro Dio e Redentore,
dagli idoli che ci tengono prigionieri
e insegnaci a guardare la realtà con i tuoi occhi limpidi
ed il tuo cuore saggio.
Dio Onnipotente, nostro Redentore, presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore,
perché ci prendiamo cura della vita e della bellezza.
Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e come sorelle
senza nuocere a nessuno. Amen”.
+ Mosè Marcia
© riproduzione riservata