«Aprite gli occhi!»
In una liturgia dominata dal tema della luce, l’invito ad aprire gli occhi ha dominato la riflessione del Vescovo nella celebrazione conclusiva della Visita pastorale alla parrocchia di San Giuseppe.
A metà della Quaresima la liturgia invitava a rallegrarsi, “Rallegrati Gerusalemme, esultate e gioite voi che eravate nella tristezza” si leggeva nell’antifona d’ingresso, anche la possibilità di vestire paramenti di un viola più chiaro intendeva trasmettere una idea di gioiosità, perché? La risposta nella preghiera di Colletta “O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri cuori con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore”.
«Mi piace sintetizzare questo tema – ha detto il Vescovo – con l’invito che troviamo nella seconda lettura: aprite gli occhi!». Il Vangelo del cieco nato «è curioso – ha commentato – quando noi non vogliamo vedere non vediamo e basta. Siamo così con il Signore, ci vediamo bene ma per quello che vogliamo…».
A chiusura della settimana, «sintesi della stessa visita pastorale è l’invito, “aprite gli occhi”. Quand’è che uno apre gli occhi? – ha domandato monsignor Marcìa. Anzitutto al risveglio, dopo la notte apre gli occhi e gusta il nuovo giorno, e se vi svegliate vi accorgete che c’è davvero una nuova giornata in atto. Mi verrebbe voglia di dire che l’ora è già alta e noi siamo ancora a letto».
Ma aprire gli occhi vuol dire anche «prendere consapevolezza di una certa realtà, sperimentare qualcosa di diverso. Abbiate questa consapevolezza, qualcosa di nuovo c’è». Da qui l’invito ad avere abitudine e stile nuovi, perché consapevolezza significa «prendere attenzione di ciò che di bello e nuovo in voi è già sorto».
Aprire gli occhi è anche guidare un altro, «una dimensione – ha proseguito – di accompagnare a vedere chi magari è titubante. Se apriamo bene gli occhi ci rendiamo contro che intorno a noi c’è novità. Ma se io sono chiuso in me stesso non riesco a vedere l’altro nuovo che c’è intorno a me. Mi viene in mente anche l’immagine degli alberi che fioriscono in campagna, hanno germogli nuovi, si vede un verde diverso, sta nascendo qualcosa, così è anche per questa comunità».
Ci sono poi «le sfumature del nostro modi di vedere. È bello l’insegnamento della prima lettura sull’unzione di Davide – ha affermato il Vescovo – “L’uomo vede l’apparenza, il Signore vede il cuore”: se riusciamo ad aprire gli occhi e a guardare la nostra realtà con gli occhi di Dio non ci fermeremo a dire “quello è più grande, quello è più robusto”, il Signore ha scelto uno scarto, neppure il padre l’aveva chiamato. Quanto insegnamento dovremo ricavare anche dalla richiesta di Samuele a Iesse, “Manda a prenderlo perché non ci metteremo a tavola…”. Quanti Davide saranno presenti nella nostra comunità – ha commentato il Vescovo –, ma noi siamo già a tavola. Forse Davide è ancora fuori, aprite gli occhi, andate a chiamare Davide e poi magari ce lo ritroviamo che non risponde alle nostre caratteristiche, non è come lo aspettiamo, non la pensa come noi… ma Dio giudica con occhi differenti, apriamo gli occhi».
Guardare con gli occhi di Dio significa dunque «guardare il diverso dal nostro modo di vedere. E per questo dobbiamo avere la capacità di guardare con gli occhi della fede».
Poi l’invito finale, «facciamoci compagni di viaggio, accompagniamoci l’un l’altro, non disturbiamoci l’un l’altro e guardate che Davide è ancora fuori e non ci dovremo mettere a tavola prima che lui sia venuto. Questa novità dobbiamo sentirla, dobbiamo viverla, è già primavera, è già aurora, c’è la luce, c’è la novità, prendiamone coscienza. In una parola apriamo gli occhi».
Nel suo saluto finale il parroco don Francesco Mariani ha ripercorso i giorni insieme al Vescovo, ricordando come abbia incontrato tante persone, le realtà della parrocchia, abbia celebrato Messa nei punti cardinali della parrocchia, la cappella della Caritas in via Lamarmora, la casa degli anziani in via Trieste, la piazzetta del Carmelo nella periferia, senza dimenticare i defunti. «Si è inginocchiato qui per pregare – ha detto don Mariani –, per celebrare il sacramento della riconciliazione, disponibile anche per chi voleva parlare con lei. È stato bello vederlo camminare per le vie della nostra parrocchia, nei nostri quartieri, entrare a visitare gli ammalati, è stato bello vederla a suo agio. Attraverso la sua persona abbiamo sperimentato la presenza dolce e confortante di Gesù buon pastore ». Ha poi ringraziato monsignor Marcìa per «la discrezione, disponibilità, l’incoraggiamento profuso. Ci ha ricordato – ha detto – che Cristo è il centro e che noi ci dobbiamo ricentrare a partire da Cristo. Dove c’è la vita in Cristo c’è l’apertura al prossimo. Chi mette Cristo al centro sente il bisogno di decentrarsi, di guardare il prossimo, l’unione con Cristo diventa incontro con l’altro, le due cose vanno di pari passo. Ci ha esortato ad uscire dalle nostre isole per testimoniare Gesù nelle periferie esistenziali, non quelle immaginate da noi ma dettate dalla realtà».
Ha poi ribadito il senso della corresponsabilità, «nessuno nella Chiesa ha un ruolo secondario», invitando alla «disponibilità personale per realizzare il regno di Dio». La visita pastorale – ha concluso il parroco – «inizia oggi: faremo tesoro degli insegnamenti per dare un volto missionario alla nostra parrocchia». (fra.co.)
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