«Alzatevi, non temete!»
Non essere cristiani seduti o con il freno a mano tirato ma vivere la fede con gioia, certi della presenza di Gesù vivo, con il rischio di sbagliare, certo, ma «è meglio sbagliare con entusiasmo per il Signore, giocando tutto per Lui, che stando fermi». Chiudendo la Visita pastorale il Vescovo ha voluto lanciare e lasciare un messaggio forte alla comunità di Nostra Signora delle Grazie, se in alcuni momenti ha avuto l’impressione di qualche paura, dei “ma” e dei “però”, ha invitato tutti ad avere fiducia, «Alzatevi, non temete, Cristo è con noi, è vivo, è nell’Eucarestia, non siamo soli. Mi piace questo comando, mi piace sentirmelo dire e lo do anche a voi» – ha esortato. «Mi piacerebbe, tornando, trovarvi tutti gioiosi, non quaresimalisti, di quella gioia che solo Cristo vivo può darci: la quaresima è in vista della Pasqua. Siate comunità pasquale – ha detto ancora –, viva, allegra, gioiosa. Ai bambini ho insegnato un canto, “Sono felice, sono contento, Gesù è con me”. Andiamo avanti con questa certezza».
Ci sono certezze meravigliose che si possono trovare in un uomo di oltre novant’anni, incontrato durante le visite agli anziani e agli ammalati della parrocchia. Alla domanda “Cosa mi racconta di bello?” non ha risposto come tutti facendo riferimento al matrimonio, ai figli, alla famiglia. Quell’uomo ricordava il momento della Cresima – ha raccontato monsignor Marcìa descrivendo quell’incontro – ricordava le parole del Vescovo che diceva a quei ragazzi “Non dobbiamo invidiare gli apostoli, o quelli che hanno vissuto al tempo di Gesù, no, perché Gesù è con noi, è nell’Eucarestia. «A 90 anni quell’uomo si porta quella certezza, Dio è con noi – ha sottolineato il Vescovo –. Noi che siamo Chiesa, corpo mistico di Cristo, dobbiamo avere questa certezza del Cristo Eucarestia che sta con noi».
All’inizio della Visita pastorale, monsignor Marcìa aveva presentato la settimana insieme come un tratto di strada nella quale si condivide la fatica della fede, al termine di quel cammino ecco sintetizzato tutto nelle parole del Vangelo della trasfigurazione. I discepoli salgono sul monte Tabor con Gesù: «Salire sul monte è fatica – ha affermato – come è fatica iniziare qualsiasi lavoro, qualsiasi realtà. Ogni introduzione è fatica, lo è introdurci alla preghiera, al lavoro, introdurci a vivere una buona pastorale ma siamo chiamati a salire e vivere questa fatica, vivere il nostro apostolato e ovunque dare la nostra testimonianza di fede. Per vivere questa fatica occorre la conversione del nostro cuore. Se noi ci convertiamo nel nostro cuore allora la fatica diminuisce».
Sul monte i discepoli sono chiamati all’ascolto, sentono le parole del Padre, “Questo è il mio Figlio, ascoltatelo”, e sono anche testimoni del dialogo tra Gesù, Mosè ed Elia. «Ascoltare il dialogo tra i tre, stando ai Padri della Chiesa, significava sentir parlare della prossima dipartita di Gesù, non dev’essere stato entusiasmante, voleva dire sentire della Passione e morte in croce – ha detto il Vescovo –. Ma se sappiamo vivere il momento dell’ascolto saremo anche capaci di vivere la discesa, il ritorno al quotidiano, anche se a volte diventa incomprensibile ». Gesù aveva raccomandato ai discepoli di non parlare a nessuno di quella visione, incomprensibile, tanto che si è tentati di dire – come Pietro – “facciamo tre tende”. No, andiamo giù, anche se è incomprensibile la luce, la veste candida, la nube. Diventa incomprensibile la nostra fede – ha proseguito – ma è la logica dell’Eucarestia. Lui è in mezzo a noi eppure c’è tanto male intorno a noi, è incomprensibile, eppure Lui è in mezzo a noi».
Alla fine, quando i tre «non hanno capito nulla si sentono toccare». È Gesù che dice loro “Alzatevi, non temete”. Lo stesso invito risuona oggi. «Alzatevi, datevi da fare – ha esortato il Vescovo – viviamo la nostra fede con più entusiasmo nel nostro quartiere, nel nostro ambiente». Infine, riprendendo il brano del Vangelo, ha voluto lasciare tre parole. La prima è chiamata. «Siamo chiamati, quando uno è chiamato non può stare seduto. Abbiamo sentito dire ad Abramo (nella prima lettura) “Vattene”. Gesù porta i discepoli in alto, muoviamoci».
Alla chiamata deve corrispondere un cammino. «Non siamo seduti, Abramo si è dato da fare, i tre discepoli hanno raggiunto la vetta».
Infine, contemplazione, «quella capacità di vedere Gesù nel volto, nella mia storia, in questo quartiere. Se non avessi camminato per queste strade non avrei mai capito cos’è Seuna. Occorre camminare e contemplare una presenza viva del Cristo in quest’ambiente, in questa parrocchia, in questa comunità. Quella contemplazione che mi porta all’intimità con il Signore, a vedere il suo volto, e se siamo capaci di contemplarlo ecco che allora ci viene facile obbedire al comando di Dio Padre. Ascoltatelo».
Al termine della celebrazione il saluto del parroco padre Giuseppe Magliani che ha concelebrato insieme agli altri sacerdoti della comunità degli Oblati di San Giuseppe che regge la parrocchia alla presenza del superiore provinciale padre Luigi Testa e del superiore generale della congregazione padre Michele Piscopo.
«La saluto come domenica scorsa – ha detto padre Giuseppe –, carissimo Mosè al termine di questa settimana a nome di tutti noi grazie, per aver vissuto questi giorni con noi, ascoltandoci, facendoci dono di preziosi consigli per il nostro cammino. Io credo che noi tutti ci siamo sentiti amati e incoraggiati proprio perché nulla ci tolga la gioia della speranza. Ora vogliamo affidare il nostro cammino a Maria, come lei vogliamo farci discepoli della Parola capaci di rispondere sempre “Eccomi” alla voce del Signore. Come Maria – ha proseguito – sappiamo di doverci mettere in cammino verso tanti fratelli che attendono una presenza e un aiuto concreto e portare loro prima di tutto l’annuncio del Vangelo. Chiediamo infine a Maria che resti sempre come madre in mezzo a noi come ha fatto con gli apostoli nel cenacolo, ci aiuti a restare uniti, a camminare insieme pur con tutte le nostre fragilità, perché cosi possiamo sentirci una sola famiglia, possiamo diventare testimoni dell’amore e della tenerezza del Padre. Affidiamo a Maria lei, eccellenza, il suo impegno di pastore della Chiesa di Nuoro, io credo che Maria conosca tutti i suoi desideri, la sua fatica quotidiana, le sue speranze, e non mancherà di aiutarla sempre. Assieme a Maria – ha concluso – ci assista e ci protegga tutti l’intercessione di San Giuseppe e di San Giuseppe Marello, nostro speciale protettore». Al termine della Messa il parroco ha consegnato al Vescovo in dono una piccola statuina di Nostra Signora delle Grazie, «È ciò che noi abbiamo di più prezioso – ha detto – ed è il segno del bene che le vogliamo». (fra.co.)
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