La chiusura della Visita a Lula

«Non siete soli! Cristo cammina con voi»

 

Un grande quadro donato dalla comunità durante la celebrazione conclusiva riassume la settimana vissuta insieme al Vescovo, il parroco don Salvatore Goddi lo illustra: ha al centro tre croci di San Damiano, nel nome di Francesco d’Assisi, simboleggiano San Francesco di Lula, di Onanì e di Mamone. Intorno altri simboli che esemplificano le tappe degli incontri del Vescovo. Il tutto è incorniciato dalle firme dei bambini e dei ragazzi delle scuole elementari e medie insieme a quelle, appena abbozzate, dei più piccoli dell’asilo: è il futuro di Lula «che ci arricchisce e ci dà speranza» – ha detto il parroco – posto nelle mani del Vescovo. Da parte sua monsignor Marcìa ricorda le parole con le quali ha iniziato la Visita pastorale, «siate come Francesco – ripete – a cui il Crocifisso ha parlato dicendo di riparare la sua Chiesa, iniziamo da noi, iniziate da voi, personalmente a modificare, rinnovare, correggere, aggiustare la Chiesa. Possiamo rigenerare, rivivificare il nostro essere Chiesa». Così si chiude il cerchio di una settimana, ma come mettere in pratica quest’invito? A conclusione della visita un triplice impegno risuona con il tono dell’esortazione, le parole le suggerisce la liturgia con la quale il Vescovo invita a confrontarsi.
«La prima cosa che vi dico – ha affermato, con le parole di Gesù nel Vangelo – non vi lascio orfani. Lula non è orfana. Qualche volta girando nelle vostre strade e nell’incontrarvi ho percepito questa paura di essere orfani, no – ha ripetuto – il Signore è con voi, ci crediate o no Cristo cammina con voi». La certezza è corroborata da due episodi narrati nei Vangeli, quello dei discepoli di Emmaus e quello di Maria di Magdala al sepolcro il mattino di Pasqua che non riconoscono Gesù risorto, «tante volte anche noi come comunità non lo riconosciamo »: ma «chi è questo Gesù? che Gesù abbiamo in testa? » – ha domandato il Vescovo. Maria di Magdala non lo riconosce perché ha in mente un Gesù morto: «secondo che Gesù abbiamo in testa non lo riconosceremo mai camminare sulle nostre strade, con noi, secondo che concetto abbiamo non lo riconosceremo mai accanto alle nostre fatiche familiari, di lavoro, di ambiente, ci sentiremo sempre soli, peggio di Maria di Magdala e dei discepoli di Emmaus, invece lui ci dice “non vi lascerò orfani”. La prima cosa che vorrei urlare perché entri davvero nei vostri cuori è questa – ripete –: non siete soli! Anche se non lo vedete, non lo riconoscete, se in tanti momenti vista la fatica del vivere vi sembra che Cristo sia lontano da voi, che non ci sia, no Cristo cammina con voi e fa la stessa fatica vostra, uguale cammina con voi».
Un altro esempio, dalla parabola evangelica della pecorella smarrita: «Mi faccio una domanda e la faccio anche a voi che avete anche questo mondo pastorale: dove credete, dove penso o pensiamo che Gesù trovi quella pecora smarrita? Mi pare ovvio, là dove è smarrita, cioè nel peccato. Ci trova lì, sto peccando e Gesù è al mio fianco, commettiamo l’errore e lui ci lascia liberi di farlo, di andare anche contro di lui, mi lascia libero ma lui è presente con me, io gli volto le spalle ma lui è con me. Qual è la cosa più dura che ciascuno di noi può vivere nella propria vita, qual è la situazione più pesante che possiamo vivere? – ha proseguito. Non siamo soli neanche in quella posizione così pesante, Cristo è con me, è con noi, cammina in questa comunità. Ed è bello allora poterlo vedere e sentire, gustare, ma per questo o siamo dalla sua parte, o stringiamo amicizia con lui altrimenti non lo vediamo».
L’altro riferimento dalla Parola del giorno è quello ai comandamenti che tante volte si rischiano di vedere solo in negativo, come privazione o proibizione: «Se le energie che sprechiamo per non fare il male le usassimo per fare il bene, quanto saremmo diversi, quanto cambierebbe la nostra vita – ha affermato monsignor Marcìa. Quand’è che noi riusciamo ad evitare il peccato? Quando riusciamo a dire, “no, Dio mi vuole troppo bene, questo non posso farlo, e non perché mi è proibito ma perché non me la sento dentro, mi vuole troppo bene, mi ama, non posso farlo”, capite che c’è una differenza? Non amo Dio perché osservo i comandamenti, casomai osservo i comandamenti perché amo Dio. Abbiamo rovesciato le carte, ecco amare il Signore, amare Dio».
A questo Dio, a questo Gesù «per favore – ripete il Vescovo – vogliategli bene. Cristo è in mezzo a voi, per favore vogliategli bene. Per volergli bene e per metterlo al primo posto guardate che il tempo ce l’abbiamo, se non abbiamo tempo per lui significa che per me lui non vale nulla».
Nella seconda lettura Pietro invita ad essere sempre “pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della vostra speranza”, non dice fede, dice speranza, come quella di chi attende l’incontro con il Signore «ma non alla fine della vita, no, oggi, quotidianamente, è così bella la vita di attendere il Cristo che è presente in mezzo a noi, date ragione di questa speranza».
Lo stile è quello dei giudei che si complimentano con i samaritani – che erano loro nemici – per come vivono il cristianesimo: «Provate a vivere talmente bene il cristianesimo da diventare un esempio, capaci di dare speranza. Ecco allora il dono dello Spirito » che, come segno profetico, il Vescovo lascia anche visivamente e concretamente con la celebrazione delle cresime. (fra. co.)

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