Sabato 2 luglio a Oran, in Argentina, si terrà la cerimonia di Beatificazione dei Servi di Dio don Pedro Ortiz de Zarate e padre Giovanni Antonio Solinas.
DECRETO SUL MARTIRIO
“Non devo arrendermi, per procurarmi con tutte le forze la vita eterna delle loro anime, anche se perdo quella del corpo”.
Mediante queste parole, che il Servo di Dio Pedro Ortiz de Zárate pronunciò poco tempo prima di morire, si comprendono le disposizioni interiori di lui e del Servo di Dio Giovanni Antonio Solinas ad offrire la vita come testimoni fino all’ultimo del Vangelo che stavano annunciando.
Il Servo di Dio Pedro Ortiz de Zárate nacque il 29 giugno 1626 a San Salvador de Jujuy. A 18 anni contrasse matrimonio, ma rimase vedovo 9 anni dopo. Affidò allora i due figli alla loro nonna materna e decise di seguire la sua primitiva vocazione allo stato ecclesiastico. Fu ordinato sacerdote intorno al l657. Lavorò dapprima a Humahuaca e nelle località vicine, poi si insediò nella parrocchia di Jujuv, di cui fu costituito parroco nel 1661. Vi esercitò la cura pastorale per 24 anni e svolse anche incarichi diocesani. Aveva un grande spirito apostolico, ovvero ben curava la preghiera, amministrava i sacramenti e assisteva i poveri ammalati. Copriva per questo lunghe distanze e, attingendo anche al proprio patrimonio, costruiva cappelle. Ebbe a cuore la promozione umana e di fede degli indigeni, di cui comprendeva le difficoltà e che difendeva dall’ingiustizia.
Il Servo di Dio Giovanni Antonio Solinas nacque ad Oliena, in diocesi di Nuoro, nel 1643. A vent’anni entrò nella Compagnia di Gesù ed emise la professione religiosa il 16 giugno 1665. Dopo alcuni anni, nei quali insegnò lettere in Sardegna, manifestò ai superiori il desiderio di partire missionario degli indios americani, cosa che invero gli fu concessa. A Siviglia completò gli studi e il 27 maggio 1673 fu ordinato sacerdote. All’inizio dell’anno seguente si imbarcò per l’Argentina con alcuni giovani gesuiti. Stabilitosi in un primo tempo a Córdoba, si recò poi a Buenos Aires e quindi a Santa Fe. In seguito, in Paraguay si distinse per una grande carità verso gli indios. Nel 1680 fu inviato con tre gesuiti come cappellano militare per assistere i soldati nella difesa di Colonia del Sacramento. Fra il 1681 e il 1682 prestò la sua opera in altre missioni della Compagnia di Gesù.
Fu allora che Pedro Ortiz de Zárate concepì e intraprese un progetto missionario per l’evangelizzazione del Chaco, territorio che egli sapeva davvero essere il più ostile. Chiese l’aiuto dei missionari della Compagnia di Gesù e così partì, il 4 maggio 1683, insieme ai sacerdoti Giovanni Antonio Solinas e Diego Ruiz, nonché altre 70 persone circa. Tutti erano consapevoli dei rischi che avrebbero corso. Dopo un avventuroso viaggio, raggiunsero la valle di Zenta. Furono pacificamente accolti da alcune tribù indigene. Nel luglio 1683 Diego Ruiz partì per l’approvvigionamento. Informati dopo tre mesi del suo imminente ritorno, i Servi di Dio gli andarono incontro con 23 persone in località Santa Maria. Lì furono assaliti da una congiura di oltre seicento indios delle tribù Tobas e Mocovies, che già li avevano minacciati di morte. Cercarono di ottenere con doni la loro amicizia, tanto che lasciarono le armi in disparte. Il 27 ottobre prima celebrò la Messa Pedro Ortiz de Zárate, poi Giovanni Antonio Solinas. Appena terminata la celebrazione, vedendo indifesi i Servi di Dio, gli indigeni gridarono forte e tolsero loro la vita con dardi e mazze. Uccisero anche altri 18 lì presenti. Fecero quindi scempio dei cadaveri, li denudarono, tagliarono loro la testa, bevvero dai loro teschi, ne avrebbero consumato anche le carni e li lasciarono in balia degli uccelli rapaci. La crudeltà di tali pratiche, fomentata dai capi religiosi di quelle popolazioni tribali, proveniva da ritualità apertamente pagane e manifestò un chiaro rifiuto della fede che i missionari annunciavano. Per di più i Servi di Dio erano ministri di una religione che cercava di portare pace, laddove invece le tribù usavano una politica aggressiva non solo verso gli spagnoli ma anche fra di loro. Per questi motivi la morte dei Servi di Dio fu subito considerata martirio. Anche le più antiche immagini li raffigurano con gli elementi peculiari che spettano a chi ha perso la vita per amore di Cristo e della Chiesa.
Poiché tale fama non si è mai sopita, più volte si ritenne, per interessamento dei vescovi della diocesi di Orán e di quella regione pastorale, nonché del vescovo di Nuoro, di avviare la Causa di beatificazione, ovvero di riconoscimento del martirio, dei Servi di Dio. L’Inchiesta diocesana fu celebrata presso la Curia ecclesiastica di Orán dal 4 maggio 2007 al 14 novembre 2016. Questa Congregazione delle Cause dei Santi ne riconobbe la validità giuridica con decreto dell’8 giugno 2017. Si confezionò quindi la Positio e la si sottopose al giudizio dei Consultori Storici il 24 settembre 2019. Si è poi discusso, secondo l’iter consueto, se quello dei Servi di Dio sia stato un vero e proprio martirio. I Consultori Teologi si sono espressi favorevolmente il 18 febbraio 2021. I Padri Cardinali e Vescovi, riuniti nella Sessione Ordinaria del 28 settembre 2021, hanno riconosciuto che i Servi di Dio furono uccisi in odium fidei.
Il sottoscritto Cardinale Prefetto ha quindi riferito tutte queste cose al Sommo Pontefice Francesco. Sua Santità, accogliendo e confermando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, ha oggi dichiarato: è provato il martirio, e la sua causa, dei Servi di Dio Pedro Ortiz de Zárate, Sacerdote diocesano, e Giovanni Antonio Solinas, Sacerdote professo della Compagnia di Gesù, nel caso e per il fine di cui si tratta.
Il Sommo Pontefice ha poi disposto che il presente decreto venga pubblicato e inserito negli atti della Congregazione delle Cause dei Santi.
Dato a Roma il 13 ottobre nell’anno del Signore 2021.
Marcello Card. Semeraro
Prefetto
+ Fabio Fabene
Arciv. tit. di Montefiascone
Segretario