Si conclude con l’intervento di don Alessandro Fadda lo Speciale Sinodo curato dall’Ufficio diocesano di Pastorale familiare.
Primo bilancio del Sinodo sulla famiglia appena concluso
La celebrazione della recente XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi, ha coinciso con la ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua istituzione. Forse per questo, a detta di diversi partecipanti, il metodo di lavoro ha subito una considerevole evoluzione. L’incertezza della vigilia, che peraltro ha accompagnato le tre settimane di lavoro e di confronto tra i Padri, ha ceduto il passo ad una più significativa applicazione del significato etimologico di questo organismo della Chiesa. “Camminare insieme” si è dimostrato più uno stile su cui esercitarsi, a volte anche in maniera imprecisa, che lo slogan utilizzato quando si allude a questo tipo di assise. Il risultato del confronto di idee e sensibilità è costituito dalla Relazione finale, la quale ha trovato una sostanziale condivisione.
Al di là di ogni riduzionismo, le interpretazioni sono le più varie: da chi ha intravvisto una significativa apertura almeno su alcuni temi scottanti, e quindi un concreto passo in avanti della dottrina e della pastorale della Chiesa, a chi invece scorge semplicemente la riproposizione di quanto la Chiesa crede e opera almeno dal Concilio Vaticano II in avanti. Senza cadere nei due estremi, a ben guardare, l’intenzione del Sinodo non era quella di legiferare finalmente su temi fortemente controversi, benché questa fosse l’aspirazione di alcuni, quanto piuttosto di offrire al Papa il più ampio ventaglio delle posizioni soprattutto pastorali, per favorire la sua decisione finale che, a quanto è dato sapere, dobbiamo attendere. Questa tuttavia, non potrà non tenere conto della diversità di culture e sensibilità manifestatesi in Sinodo, segno di una vitalità della Chiesa che mostra sfaccettature diverse a fronte di situazioni comunque complesse. Intanto occorre riconoscere che da un percorso lungo circa due anni, nei quali la Chiesa a diversi livelli è stata coinvolta, debbano trarsi alcuni insegnamenti, anzitutto attorno a quello che possiamo definire un “stile” nel dibattere la realtà del nostro essere Chiesa nelle diverse circostanze storiche e sociali nelle quali ci troviamo a vivere. È ritornato più volte il termine “aggiornamento”, allusivo di quel dono di Dio che è stato il Concilio Vaticano II quando la Chiesa ha riflettuto sulla sua identità e sul suo essere inviata al mondo moderno, visto con simpatia e senza condanne. È risuonato il binomio verità-misericordia, anche con l’uso di sinonimi, per cercare di focalizzare i diversi approcci all’oggetto del dibattito sinodale. Alla fine, ha prevalso non un sociologico compromesso, bensì una sintesi che apre ad un processo tipicamente ecclesiale, noto con il termine “discernimento”. Questo indica essenzialmente la totale attenzione da prestare allo Spirito che parla, nei modi più diversi, alla Chiesa, per condurla nei sentieri della storia, a testimoniare la presenza del Regno. Molto opportunamente, l’impianto generale della Relazione Finale è concepito secondo questo schema.
Anzitutto la Chiesa che si pone in ascolto, parte dalla realtà storica per lasciarsi interpellare dalle situazioni che la famiglia oggi vive, richiamando comunque l’idea fondamentale di famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna. E non poteva essere diversamente! Infatti, occorre riconoscere quella ministerialità di cui parla il Concilio come elemento qualificante la famiglia cristiana, la quale ha il compito fondamentale di testimoniare la bellezza del progetto di Dio. Pur non condannando ed anzi accogliendo le diverse situazioni affettive, viene riproposta in modo attraente la vocazione alla famiglia come risposta al progetto di Dio che chiama ad essere segno sacramentale di Lui. la Chiesa è edificata dalla fedeltà e dalla testimonianza di coppie e famiglie che vivono nella fede la loro vicenda umana e spirituale. Dobbiamo rispetto e ammirazione, insieme all’incoraggiamento affinché non manchino “piccole Chiese domestiche”, portatrici di quei valori che orientano il vero progresso della società umana. Ma siccome non esiste la famiglia ideale, essa è chiamata a coniugare in sé anche le fragilità e le contraddizioni presenti nella cultura odierna, individuandole e affrontandole secondo la visione cristiana della vita.
La Seconda parte della Relazione Finale, dopo avere rilevato gli aspetti che caratterizzano il contesto attuale, passa alla fase dell’annuncio del piano di Dio sulla famiglia, secondo la dottrina tradizionale della Chiesa. La trasmissione del Vangelo che attraversa i secoli e le culture, pur rimanendo intatto in se stesso, chiede di essere accolto in maniera nuova, a seconda di quanto e di quanti incontra. Perciò, non si tratta di riproporre cose del passato, ma di intravvedere la perenne attualità della salvezza che ancora vivifica ogni dimensione umana.
La Terza parte infine, tratta della missione della famiglia, tenuto conto delle potenzialità insite nella realtà familiare come pure delle criticità, oggetto peraltro delle maggiori curiosità mediatiche. È in questa parte del Documento che si trovano i punti di discussione più problematici e attinenti soprattutto alle situazioni che vengono denominate “complesse”, da affrontarsi con il “discernimento”, i cui elementi sono tratti dal magistero recente dei papi, almeno dal Concilio in avanti, presentati in maniera organica e sempre da valutarsi caso per caso. Probabilmente questo rappresenta il vero passo in avanti nel tentativo di affrontare la questione con equilibrio e sapienza considerando che non è possibile dare un orientamento univoco, in quanto ogni situazione di vita costituisce un caso a sé. La sapienza pastorale saprà coniugare affermazioni di principio con la situazione personale, senza scadere nel freddo legalismo o nel semplicistico lassismo. Si tratta così di una operazione complessa, che non a caso appartiene al discernimento, in cui ci si pone tutti alla scuola dello Spirito per cercare di comprendere quanto esso ispira. La Relazione tocca pure il tema del gender, oggetto di dibattito attuale nel nostro territorio: «Il cristianesimo proclama che Dio ha creato l’uomo come maschio e femmina, e li ha benedetti affinché formassero una sola carne e trasmettessero la vita (cf. Gen 1, 27-28; 2, 24). La loro differenza, nella pari dignità personale, è il sigillo della buona creazione di Dio. Secondo il principio cristiano, anima e corpo, come anche sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare». Su questo punto, mi permetto di suggerire la lettura di La questione gender. Una sfida antropologica, del noto teologo Aristide Fumagalli (Queriniana 2015).
Alessandro Fadda
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