Il pellegrinaggio a Santiago di Compostella e gli influssi che questo movimento di fede ha lasciato nelle tradizioni e nella cultura della Sardegna, questo il tema del convegno orgnaizzato gli scorsi 15 e 16 marzo dal Centro Italiano di Studi Compostellani e ospitato dall Biblioteca Satta di Nuoro.
Il cammino di Santiago è un sentiero che, nella suo tracciato più conosciuto o “francese”, percorre la Spagna dai Pirenei fin otre la città del Santo, in Galizia. Fu una delle vie di pellegrinaggio più importanti della cristianità che, a partire dall’anno 1000, hanno plasmato la storia medioevale. Oggi il Cammino è divenuto un monumento dell’UNESCO, percorso ogni anno da decine di migliaia di persone. I motivi che spingono i pellegrini a percorrere gli oltre 800 km del Cammino sono tra i più disparati: anzitutto religiosi ma anche spirituali in un senso più ampio, o semplicemente storico-culturali.
Relatore d’eccezione il Prof. Paolo Caucci Von Saucken, dell’Università di Perugia, il massimo esperto del settore, che ha portato l’esperienza del recupero della tradizione compostellana in Italia e in Europa.
Recenti studi statistici hanno evidenziato che in termini di presenze gli italiani sono secondi solo ai francesi e, tra i connazionali, i sardi succedono da vicino ai veneti. Se il dato viene rapportato alla densità di popolazione i sardi sono di gran lunga i pellegrini più assidui sul cammino di Santiago.
La frequentazione del Cammino ha portato al fiorire di una vera e propria letteratura, varie guide di tipo “turistico” ma anche opere di grande spessore letterario, in cui il cammino a piedi è la metafora di un cammino interiore. Il Cammino è una performance dello spirito, non dei piedi, dice Davide Gandini, autore di uno dei più commoventi diari di viaggio “Il portico della Gloria”. Il Cammino, per Gandini, non è un sentiero escursionistico, né un’occasione di vacanza a buon mercato, o di esperienze sincretiste, il Cammino è una tradizione viva che, dal medioevo ad oggi, ha attraversato il cuore di milioni di uomini in cerca di Dio. Si può dire che “una volta si andava sul cammino per salvare l’anima, ora ci si va per trovarla”.
La tradizione vuole il culto di San Giacomo legato agli stereotipi del santo pellegrino, o del “matamoros” ispanico, ma l’Apostolo è anzitutto uno dei più grandi amici di Gesù, presente in tutti i momenti più importanti della sua vita; proprio sulla figura del “boanerghes”, il “rombo di tuono” dei vangeli, è stato incentrato l’intervento di don Gianfranco Nieddu, parroco di Gavoi. Il prelato ha compiuto il Cammino e ha riportato ciò che emerge dalle scritture sulla figura del Santo delle origini.
Ma Giacomo è un Santo molto venerato anche in Sardegna, molte chiese e parrocchie sono a lui dedicate, il suo nome e la sua figura entrano a pieno titolo nella tradizione e nella cultura della Sardegna; Roberto Porrà, cultore della materia e studioso della documentazione storica, ritiene che San Giacomo sia passato in Sardegna, probabilmente durante il ritorno dal viaggio apostolico nella penisola iberica. Di grande interesse l’ipotesi di un collegamento devozionale al culto del Santo Sepolcro e al viatico della Buona Morte, secondo cui l’Apostolo sarebbe il protettore dell’ultimo cammino.
Il culto a lui dedicato ha portato nei secoli allo sviluppo di una devozione speciale in Sardegna, moltissime le chiese e i monumenti a lui dedicati: Roberto Concas storico dell’arte, ha presentato la devozione a “Santu Jacu” nei segni della sua espressione più popolare, come i monumenti, le chiese campestri, gli itinerari di fede. Secondo Concas la promozione e il sostegno dei pellegrinaggi religiosi della Sardegna potrebbero valorizzare queste tradizioni e creare forme di sviluppo sostenibile.
Antonio Porcheddu
Confraternita di San Jacopo di Compostella
Capitolo della Sardegna