L’uomo in relazione e la cura della casa comune al cuore dell’Enciclica
La grande bellezza della creazione
Da taluni presentata superficialmente come l’Enciclica “verde” del Papa “ambientalista”, quella di Laudato si’ è in realtà una riflessione molto più profonda, a tratti poetica, – «gioiosa e drammatica insieme», la definisce l’autore stesso – e altamente spirituale: al centro non vi è una vaga e vagheggiata concezione della natura ma l’uomo, il suo cuore, le sue scelte, la persona umana come essere in relazione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. «Tutto è collegato – scrive il Papa – e questo ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della trinità».
La struttura e i temi. Il titolo è tratto dal cantico delle creature di San Francesco d’Assisi, Laudato si’, mi’ Signore, che ci ricorda «che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia». L’Enciclica si presenta come un testo lungo, quasi 200 pagine, e articolato, suddiviso – dopo una introduzione – in sei capitoli. Le prime pagine situano il testo all’interno del più ampio Magistero sociale della Chiesa, in perfetta continuità con i pronunciamenti dei predecessori di Francesco: Giovanni XXIII, Paolo VI, e in particolare San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Lo sguardo del Papa è allo stesso tempo cattolico ed ecumenico nel senso più ampio del termine, molteplici sono infatti i riferimenti ai contributi degli episcopati di tutti i continenti, come pure a quelli di altre chiese e comunità cristiane con particolare attenzione alle parole del Patriarca Bartolomeo, ma anche di altre religioni. I temi trattati sono così riassunti, si passa da una panoramica sull’oggi a partire dai contributi della scienza (capitolo I), al confronto con la Bibbia (cap. 2), all’individuazione della radice dei problemi attuali nella tecnocrazia (cap. 3), fino a proporre una «ecologia integrale», che cioè «nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (cap. 4). Il Papa suggerisce poi alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia i singoli che la politica internazionale (cap. 5) e infine, alcune «linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana» (cap. 6). Il testo si conclude con due preghiere, una per la nostra terra, l’altra – da cristiani – con il creato alla Trinità.
San Francesco. Il poverello d’Assisi è, per il Papa, «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità». Mistico e un pellegrino, «in lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore». Fedele alla Scrittura, «ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà».
Quello che sta accadendo alla nostra casa. Nel primo capitolo il Papa usa un termine mutuato dallo spagnolo, rapidizzazione, per descrivere l’accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta. Ma se il cambiamento è qualcosa di auspicabile, «diventa preoccupante quando si muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell’umanità».
Francesco propone quindi un percorso attraverso questioni che non si possono più nascondere, a partire dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. Mentre il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare – osserva il Papa –, il sistema industriale alla fine del ciclo di produzione e consumo non ha la capacità di assorbire rifiuti e scorie: è allora necessario «limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare».
Il clima poi, è per Francesco un bene comune, di tutti e per tutti, e i suoi mutamenti sono una delle sfide per tutta l’umanità. Un altro problema serio è quello della disponibilità di acqua: negare, in particolare ai poveri, l’accesso all’acqua significa «negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità». Tra le altre questioni affrontate, la perdita della biodiversità e il deterioramento della qualità della vita umana che colpisce in modo speciale i più deboli. Degna di nota – ammonisce il Papa – è la debolezza delle reazioni della politica internazionale che si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente.
Il Vangelo della creazione. Invitando a un rinnovato dialogo tra scienza e Fede, il Pontefice ricorda con le parole di San Giovanni Paolo II come i doveri dei cristiani nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede.
«Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data» – scrive il Papa –, all’uomo il compito di coltivare e custodire il giardino del mondo. «Per la tradizione giudeo-cristiana, dire “creazione” è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato»; la stessa tradizione ha poi demitizzato la natura per cui l’essere umano è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore, con lo stesso sguardo di Gesù che viveva in piena armonia con la creazione.
La radice umana della crisi ecologica. Il terzo capitolo dell’enciclica ha al centro quello che Francesco definisce «paradigma tecnocratico», una visione del rapporto tra uomo e mondo secondo cui «il soggetto è come se si trovasse di fronte alla realtà informe, totalmente disponibile alla sua manipolazione». Se è vero che la tecnica abbia dato un apporto al miglioramento delle condizioni di vita, è altrettanto vero che oggi «il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale». Accanto a questo c’è poi un «eccesso antropocentrico» – l’uomo centrato esclusivamente su se stesso, sul proprio potere e una logica relativistica «in cui tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi immediati». Due problemi cruciali in questo contesto sono il lavoro, a cui tutti hanno diritto di accedere – «Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società» – e i limiti del progresso scientifico – «la tecnica separata dall’etica, scrive Francesco, difficilmente sarà capace di autolimitare il proprio proprio potere».
Un’ecologia integrale. Esiste una ecologia dell’uomo, affermava Benedetto XVI come anche l’uomo possieda «una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere». In questa linea, scrive Francesco, «bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi». Tutto è relazione, il legame tra questioni ambientali e sociali non può essere spezzato, «ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica, infatti, provoca danni ambientali». L’ecologia umana è poi inseparabile dalla nozione di bene comune che coinvolge tutte le generazioni: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» – chiede il Papa.
Alcune linee di orientamento e di azione. È urgente, per Francesco, un dialogo a tutti i livelli, a partire dalla politica a livello locale come internazionale. Mentre auspica, come Benedetto XVI, una nuova autorità politica mondiale che sappia trovare accordi sul governo dei beni comuni globali, invita l’uomo politico a sottrarsi a logiche efficientiste e “immediatiste”: «Se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità». Il Papa invoca poi un nuovo modello di sviluppo, ad esempio la diversificazione delle produzioni più innovative e con minore impatto ambientale.
Educazione e spiritualità ecologica. L’ultimo capitolo ci pone dinnanzi a una grande sfida culturale, spirituale ed educativa, un lungo processo – una conversione ecologica – che richiede un nuovo stile di vita le cui parole-chiave sono gratuità, comunione, creatività, un ritorno alla sobrietà cristiana che è liberante, e ancora umiltà, pace, ringraziamento, fraternità e carità. I sacramenti poi sono un modo in cui la natura viene assunta da Dio e trasformata, «in particolare nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione» – scrive Francesco.
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Le parole di Gesù ci dicono che nulla e nessuno sono senza speranza: «tutto è carezza di Dio» – ci ricorda il Papa – «la natura è piena di parole d’amore» e ancora «la vita eterna sarà una meraviglia condivisa, dove ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati».
Franco Colomo
© riproduzione riservata