Di fronte al Battesimo di un neonato si è forse portati a lasciarsi prendere dalla tenerezza per una nuova vita, dall’emozione del momento, dal candore della vestina bianca, rischiando di perdere di vista il senso della celebrazione. Il Battesimo di un adulto pone invece la comunità cristiana di fronte a interrogativi gravi circa la propria responsabilità nei confronti di chi chiede di abbracciare la Fede. Così Francesca – la ragazza che è stata battezzata durante la Veglia di Pentecoste in Cattedrale – con la sua scelta interroga la nostra comunità: «Francesca bussa alle porte della Chiesa – ha affermato il Vescovo –, siamo capaci di accogliere? siamo Chiesa?».
Le diverse letture della Liturgia della Parola hanno guidato la riflessione, a partire dal racconto della torre di Babele: gli uomini volevano fare da soli, contando sulle proprie forze, quell’episodio biblico ci rivela che in realtà «senza Dio non possiamo fare nulla – ha commentato il Vescovo. Se siamo Chiesa, Dio è con noi. Ma lo siamo solo se ci lasciamo forgiare da Lui – ha proseguito riferendosi al passo dell’Esodo». L’uomo da solo non si può salvare, per questo Dio ha preso la nostra umanità, si è incarnato nel Natale: «Ha preso tutto di noi, tranne il peccato, tutto compresa la morte per vincerla. Lui è capace di ridare la vita ai morti» – come nel racconto delle ossa inaridite in Ezechiele. «Questa è già la salvezza, ma non basta, vuole che la nostra umanità sia in Dio», ecco l’Ascensione dopo la Pasqua. «Non possiamo arrivarci con le nostre sole forze, Dio vuole stare in mezzo a noi: ecco la Pentecoste».
E di nuovo incalzano gli interrogativi suscitati dal Battesimo e dalle Cresime che di lì a poco saranno amministrati: Siamo capaci di accogliere? «La realtà – ha proseguito il Vescovo– dice che da soli siamo capaci di rovinare il progetto di Dio: Che senso ha – si è chiesto – sparare a un giovane di 17 anni? dov’è il nostro essere cristiani? Dov’è quando si covano malumori, rancore, odio?
Francesca non vuole trovare una famiglia discorde, dov’è il nostro cristianesimo? dov’è la nostra coerenza?».
L’esame di coscienza nasce anche dall’altra intenzione della Veglia, quella richiamata dal papa e dai Vescovi italiani che hanno invitato a pregare in particolare per i cristiani perseguitati, per i nuovi martiri. Sono persone che mettono Cristo al primo posto, che non hanno paura di dire «Io sono cristiano» e di testimoniarlo fino al martirio. «Noi siamo capaci di affermarlo con la stessa forza, fino alla morte?» – ha ancora domandato il Vescovo Mosè.
«Solo lo Spirito Santo può renderci uomini coerenti, capaci di essere uomini, mentre chi toglie la vita non è un uomo, non ha nulla di cristiano». Il sacramento della Cresima rende cristiani tutti d’un pezzo: dov’è la nostra coerenza? «Dobbiamo allora invocare lo Spirito perché ci suggerisca la strada e ci doni la forza di essere coerenti – ha detto poi richiamando in particolare gli adulti e chiedendo loro: Quale Chiesa stiamo presentando e dando ai nostri giovani?».
Da qui la preghiera al Signore perché mandi lo Spirito a rinnovare la Chiesa, a rinnovare ciascuno. L’altra eco della Pentecoste è il richiamo all’unità, e alla Veglia erano invitati a partecipare giovani e adulti, religiosi, laici appartenenti ad associazioni e movimenti ecclesiali. «Vogliamo parlare una lingua sola – ha pregato il Vescovo – l’unica che Cristo ha comandato e che lo Spirito suggerisce: la lingua dell’Amore».
L’ultimo pensiero è rivolto a tutti i battezzati, perché rivivano il sacramento ogni giorno, «facciamo fatica, sì, ma vogliamo stare con Dio. Vogliamo avere la faccia pulita – basta poco a sporcarla – lo Spirito ci renda figli nella coerenza totale alla nostra Fede».
Le intenzioni espresse dal Vescovo sono risuonate nelle preghiere e nel rito penitenziale prima di vivere la celebrazione dei sacramenti, particolarmente suggestivo il rito del Battesimo. Francesca, dopo essere stata introdotta in chiesa all’inizio della Veglia si è poi diretta con il Vescovo e i padrini al fonte battesimale illuminato dalla luce del Cero Pasquale. Ha poi ricevuto per la prima volta l’Eucarestia e – insieme ad altri adulti – il sigillo dello Spirito Santo con la Cresima.
Alla comunità che faceva da corona spetta ora il compito più difficile, rispondere con la coerenza della propria vita a quelle provocazioni, testimoniare coerentemente la propria scelta di Fede e rendere sempre più accogliente quella casa alle cui porte ha bussato Francesca.
f. c.
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