C’é un pane per il Signore?
Una crisi apparentemente senza via d’uscita quella che tormenta l’Isola, profonda come i pozzi in cui sono asserragliati i minatori di Lula, e che ha un solo rimedio: il lavoro. Una ennesima conferma della situazione in cui versa la regione è data dall’ultimo Report su povertà ed esclusione sociale dall’osservazione delle Caritas della Sardegna che offre una sintesi sui principali dati dei Centri d’ascolto sparsi nel territorio e raccolti nel 2013 e nel primo semestre del 2014. Il report non contiene i dati relativi al nuorese dal momento che il servizio del Centro d’ascolto diocesano è partito da poco più di un anno ma uno sguardo agli interventi dei volontari che operano nella sala di Via Trento presso la parrocchia di San Giuseppe a Nuoro è comunque utile per offrire un quadro generale della situazione. Dietro ogni cartella estratta dall’archivio c’è una persona, con la sua storia, la sua condizione, le sue richieste: la maggior parte di quanti si presentano al Centro d’ascolto diocesano pone la domanda di più difficile soluzione, chiede lavoro. E ancora un sussidio economico per pagare alle bollette o far fronte alle tasse, un disagio quest’ultimo non solo finanziario ma soprattutto psicologico, che si unisce alle situazioni di vera e propria disperazione per la perdita improvvisa dell’impiego. È possibile tracciare un profilo di chi si rivolge al Centro d’ascolto in particolare per alcuni aspetti: il livello di istruzione è medio basso, nella maggioranza la licenza media inferiore; i maschi superano le femmine con una percentuale poco superiore al 50%; solo una minoranza abita in casa propria, molti vivono in affitto, altri sono soli.
A questi numeri, e vale anche per quelli presentati nel report regionale, vanno aggiunti i dati sui singoli interventi delle Caritas parrocchiali, ma anche in quel caso il quadro risulterebbe parziale: molte persone infatti – e il documento lo sottolinea – «non conoscono i servizi offerti dalla rete Caritas e tante altre, per pudore, non si sentono di dover chiedere aiuto».
Il contesto in cui si inseriscono i dati raccolti dalle Caritas non è luminoso. Oltre al Prodotto Interno Lordo negativo di quattro punti percentuali lo scorso anno e il tasso di disoccupazione, specie giovanile, che vede l’isola costantemente ai primi posti, l’incidenza della povertà relativa è cresciuta dal 21,1% del 2011 al 24,8% del 2013 a fronte di un 12,6% a livello nazionale: circa 176 mila famiglie sarde vivono dunque in condizione di povertà, erano 147 mila nel 2012. Tra questi – si legge nel Report – «ci sarebbero non solo i poveri per così dire “cronici” ma anche i “poveri inattesi”: single separati, pensionati, lavoratori precari o usciti improvvisamente dal mercato del lavoro; lavoratori in cassa integrazione o in mobilità; impiegati del ceto medio, commercianti e persino piccoli imprenditori. Persone e famiglie trovatesi improvvisamente disarmati, anche perché soli e impoveriti di legami familiari, reti relazionali e servizi pubblici in grado di fornire una qualche forma d’aiuto». La Caritas si pone al loro servizio, i Centri d’ascolto regionali hanno assistito nel corso del 2013 oltre 6200 persone – in maggioranza si tratta di cittadini italiani – più di 4000 nei primi sei mesi di quest’anno, un dato in costante crescita dal 2007.
In linea con quanto detto sopra sul territorio nuorese, anche a livello regionale le persone che si sono rivolte ai Centri d’ascolto non sono più, in modo preponderante, di sesso femminile: nel 2014, per la prima volta, la quota di genere femminile è scesa sotto la metà, attestandosi al 49, 5% (era del 59,7% nel 2008). Alla classe di quarantenni è associato il maggior numero di persone ascoltate, in particolare si è accresciuta la quota di uomini al di fuori del mercato del lavoro, disoccupati o in cassa integrazione. Per quanto riguarda lo stato civile la componente più rilevante è quella dei coniugati, «questo – afferma il Report – denota un disagio che grava particolarmente in seno ai nuclei familiari».
Il dati raccolti nella diocesi di Nuoro sono confermati da quelli regionali anche per quanto riguarda il livello di istruzione: oltre l’80 % delle persone ascoltate nell’Isola possiede un livello basso o medio basso, non ha conseguito alcun titolo di studio o è analfabeta. Questo «conferma la strettissima correlazione esistente fra un livello non sufficiente di scolarizzazione e una maggiore esposizione ai fenomeni di vulnerabilità sociale» – sottolinea il documento. Per quanto riguarda la condizione professionale emerge quello che sembrerebbe un dato in controtendenza con il passato ma che nasconde una realtà altrettanto terribile, se infatti è diminuito il numero dei disoccupati che si rivolgono alle Caritas è solo perché è aumentata la percentuale di quanti hanno una occupazione più o meno stabile, un 17% (erano il 9,7% nel 2007) che dice della «fatica a far fronte ai bisogni quotidiani anche laddove esiste una fonte di reddito».
La prima parte del Report si chiude con il capitolo che riguarda le richieste di intervento e la risposta delle Caritas. Il dato preponderante riguarda la richiesta di beni o servizi materiali, in particolare viveri, seguono le richieste di sussidi economici per il pagamento di bollette, l’acquisto di bombole di gas o il pagamento dell’affitto della casa. È in aumento infine il dato sulle richieste di coinvolgimento di enti e parrocchie e di consulenza professionale, che «pongono in luce il riconoscimento della identità dei centri d’ascolto come luoghi non solo di sostegno immediato ma anche di accoglienza, orientamento e accompagnamento nel percorso di uscita dal disagio».
Lo scopo di tali ricerche è per la Caritas quello di «far maturare una maggiore e migliore consapevolezza sul problema della povertà ma anche di suscitare una responsabilità diffusa e a vari livelli, da quello personale a quello istituzionale e politico». A livello nazionale si fa sempre più urgente un piano di contrasto alla povertà con misure rivolte alle famiglie che vivono in povertà assoluta come il Reddito d’inclusione sociale, mentre a livello regionale la Caritas sarda chiede l’applicazione della Legge 23 del 2005, in particolare per quanto riguarda l’istituzione del reddito di cittadinanza e dell’Osservatorio regionale sulle povertà.
Nell’attesa di una risposta dalle istituzioni, gli ultimi, i più poveri hanno spesso come unici interlocutori i volontari del Centro d’ascolto: «Noi offriamo non solo un sostegno materiale ma prima di tutto assicuriamo la vicinanza nella preghiera, l’ascolto e la disponibilità continua» – confida la responsabile del Centro di Nuoro, una suora vestita di blu, dolce e con un sorriso disarmante. «È importante – spiega – assicurare alle persone che ci siamo, che portiamo un peso insieme, in amicizia e solidarietà. Andiamo a trovarli a casa per far sentire la nostra vicinanza ma desideriamo fare di più, ridare loro dignità, perché è un loro diritto quando vediamo che alcuni hanno troppo e altri neppure il pane». Ciò che più preme ai responsabili del Centro diocesano è però che tutta le comunità sia consapevole e condivida ciò che ha e ciò che è in termini di presenza: «La carità non è esclusiva di poche persone, non dobbiamo fare elemosine, l’amore è un dono che Gesù ha fatto a tutti per poterlo far circolare». È altresì importante che le azioni di contrasto alla povertà e di accompagnamento alle persone non siano estemporanee, per soddisfare i bisogni di pochi o peggio la vanagloria di sedicenti responsabili parrocchiali, lo sforzo deve essere unitario e condiviso, seguendo tutti le medesime linee programmatiche a livello diocesano: «Occorre sempre animare la carità – conclude –, ogni persona deve essere portatrice di amore e vedere Gesù nel fratello. Nessuno è esente da questa chiamata».
f. c.
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