Galanoli, 11 giugno 2021.
L’omelia del Vescovo per l’ordinazione sacerdotale di don Pietro Moro e don Federico Murtas
Oggi siamo due Chiese, due Diocesi felici, e siamo consapevoli che accogliere voi come presbiteri, don Federico e don Pietro, è accogliere un dono sempre desiderato e sempre necessario. In questo scenario quasi magico, nella solennità liturgica del Sacro Cuore di Gesù, con lo sguardo protettivo della Vergine Maria, madre della Chiesa e della Beata Antonia Mesina, martire della bellezza donata a Dio, noi con voi conosciamo e apprezziamo persone e istituzioni che vi hanno accompagnato per arrivare fin qui e che ringraziamo con affetto. Ma noi con voi, senza disagio, possiamo dire che solo il Signore, che vi ha chiamati e sostenuti, è il protagonista principale di questa celebrazione, con i suoi doni irrevocabili che voi avete accolto. Ogni volta infatti che la Chiesa accoglie un nuovo presbitero, certamente essa si sente totalmente coinvolta come popolo, come battezzati e come consacrati ma, allo stesso tempo e paradossalmente, si accorge di essere soltanto spettatrice di un evento, perché l’unico protagonista rimane il Signore. Per questo, Pietro e Federico, con un invito che può apparire persino forte e brutale, vi ripeto anche oggi quello che avete sperimentato tante volte: voi non potete ne dovete contare su voi stessi. Voi non potete illudervi di diventare protagonisti solitari della vocazione, voi siete chiamati a contare sull’amore di Dio e oggi, coraggiosamente, lo dite liturgicamente, quindi pubblicamente.
Liturgicamente e quindi pubblicamente, perché tutti stiamo collaborando a scrivere una bella pagina di Chiesa, quella di due Diocesi che, rimanendo due, sono chiamate ad avere sguardi comuni, persino itinerari collegiali, e soprattutto nessuna di esse può essere così indipendente da pensare di non appartenere all’unica Chiesa, cattolica perché universale.
La scelta di oggi e del luogo stesso non è quindi casuale, perché da quando Antonia Mesina è beata, lo è per tutta la Chiesa, non solo quindi per quella di Nuoro. Da oggi, voi sarete allora sacerdoti del Dio vivente e con un sacerdozio riconosciuto dalla Chiesa universale.
Nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, vi conforti, ci confortino, le parole che Mosè disse al popolo di Israele: “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti”, e aggiunge: “Perché il Signore vi ama” (Dt 7,7). Osea, del quale abbiamo ascoltato la prima lettura, è un profeta che è modello per tutti noi: lui sa leggere la propria vita personale ma sempre nel contesto del popolo al quale appartiene, e sempre con la certezza di un amore, quello di Dio, che non fa mai sentire dimenticati né solitari, quando dice: Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri Israele (Os 11,8). Aggiungendo: Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione (idem).
Cari don Pietro e don Federico, care Diocesi, la notizia più bella è sempre questa: Dio ha per noi un cuore grande! E sceglie di manifestarlo individuando qualcuno a cui legarsi per sempre. Quando infatti facciamo un’esperienza di Dio autentica, e sperimentiamo di essere amati da Lui, è proprio allora che scopriamo che l’essere amati ci porta ad amare e a una donazione gratuita. È sperimentare che quando Qualcuno si fa carico di noi, che rende possibile che noi ci facciamo carico degli altri, facendoci smettere di occuparci di noi stessi.
Ricordatelo, Federico e Pietro, nella Chiesa, prima ancora di parlare alla nostra gente e con taglio moralistico di quello che bisogna fare, cambiare, modificare, sentitevi – prima – chiamati a parlare di Dio, del suo mistero, del suo amore e della sua chiamata. E questo, solo questo, implicherà una vita nuova, come voi già state sperimentando.
Il Cuore di Gesù ci dice, vi dice quanto amore ha Dio per noi e quanto amore richiede rimanere fedele a Lui.
Oggi vi invito a fare vostro il gesto dell’apostolo Giovanni, il discepolo amato, che sosta sul petto di Gesù quasi per cogliere le ragioni di quel cuore che sa amare, perché come dice il filosofo Pascal: Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce (Pensieri, 146).
E vi incoraggino le parole della Scrittura, ricordate nel brano di oggi, quel Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,37). Perché anche il vostro cuore, ad immagine del suo, sarà chiamato ad accettare di essere trafitto in tante maniere: quando non è compreso, quando è addirittura rifiutato e tuttavia sarà sempre chiamato a rimanere un cuore spalancato, mai risentito, mai indurito, mai alimentando preclusioni o esclusioni, tantomeno espulsioni, e anche se fosse offeso, il vostro cuore non smetta di attendere e di volere riconciliazione.
Imparate da me, vi dice Gesù; imparate da lui anche a commuovervi per l’amore che ricevete e per quello che date. Perché Gesù, talvolta lo dimentichiamo, ha un cuore che sa commuoversi, che si turba e che freme, che si emoziona e che sa piangere. C’è nei vangeli una testimonianza molto forte dei sentimenti di Gesù, una rivelazione altissima di come sia il cuore di Dio, che non ha niente da spartire con le divinità lontane e impassibili. Avvicinarsi al cuore di Gesù significa allora imparare la mitezza e l’umiltà: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29).
Sappiate Pietro e Federico, che ad immagine di Dio e del suo Cuore le vostre Diocesi e il vostro vescovo vi portano nel cuore.
Vi chiedo di essere presbiteri di cuore, che conoscano – permettete l’immagine – la tavolozza dei sentimenti, riuscendo a mettervi mano con entusiasmo e perizia, sapendo attingere con dolcezza e delicatezza a tutti i colori del ministero, cercando di comprendere tutte le sue sfumature, le combinazioni e i dinamismi e imparando a stupirvi di ogni risultato imprevisto.
Che il vostro ministero sia intriso, come avviene nelle persone che hanno un cuore, di un bel sentire umano e da una fede affettiva, nella quale le emozioni sono di casa quanto la dottrina. Non abbiate paura a farvi scrutare il cuore dalla parola di Dio, mettendovi in ascolto di essa, perché possa riempire il vostro pensare e il vostro agire. La Parola di Dio risuoni in voi e negli altri calda e affettuosa quando deve consolare, esigente quando deve richiamare voi o attraverso di voi richiamare gli altri.
Non adottate un ministero presbiterale che assomiglia a una beata solitudine o a una torre nella quale difendersi dal mondo.
Non confondete il ministero presbiterale con una casa nella quale, anche se verniciata di celibato, non sta a cuore niente e nessuno, perché è povera d’amore.
Il celibato non può essere una stanza vuota, ma la casa che scoppia di amici, dei vicini e dei lontani, di quelli che oggi ci sono e di quelli che sono andati via, evitando che la nostra libertà sia solo quella di non amare veramente nessuno.
L’unico celibato che ha un cuore è infatti quello di una casa dove possano piangere senza pudore e gioire senza vergogna tutti i battezzati e dove ci sia spazio per accompagnare ogni persona che grida l’ingiustizia.
Vi siano di guida, oltre che di esempio, i presbiteri, i nostri presbiteri. La gioia della Chiesa, la mia gioia e la vostra sia sempre quella di ammirare e imparare dalle vite sacerdotali che col passare del tempo non si sono atrofizzate o paralizzate: vite trasfigurate dal desiderio del Regno di Dio, purificate dalla preghiera e dalla celebrazione dell’Eucaristia, rafforzate dal dolore condiviso e dal servizio gratuito. Vite che possono aver anche conosciuto vacillamenti, lacrime, indignazione, ma che dalla notte sono sempre tornate, scoprendosi sotto lo sguardo di Dio e continuando così a camminare, sostenuti dalla speranza e dalla fiducia nel Padre.
L’augurio finale, in sintonia con quanto ho detto, lo formulo così: Imparate a voler bene! Imparate come presbiteri a voler il bene degli altri, coltivate il gusto e la profondità nelle relazioni con le persone, che significa cordialità del tratto, bontà del temperamento, pazienza dell’incontro, sempre rispetto della persona. Volendo il bene sarete anche uomini di comunione, nella società e nella Chiesa, e quindi anche nel presbiterio e con il vostro vescovo.
Maria, la madre di Gesù, che custodiva tutto nel suo cuore (Lc 2,51) vi accompagni e vi protegga. E la Beata Antonia vi incoraggi ad essere disarmati da ogni calcolo nel consegnarvi a Dio totalmente.
+ Antonello Mura